Quattro scrittrici, quattro donne vissute in epoche diverse che hanno cercato di uscire dai cliché imposti dai tempi e dalle famiglie pagandone un prezzo molto alto. Jeanette Winterson: “A mio padre piaceva guardare la lotta, a mia madre piaceva farla; non importava quale. Lei era nel giusto, e poche storie”. Adottata da una rigida coppia pentecostale va via di casa a 16 anni dopo aver confessato la sua relazione lesbica e subìto punizioni e prediche da parte della comunità religiosa. Si mantiene con un lavoro al mercato, vive in una vecchia auto e continua a studiare per entrare a Oxford. Ci riuscirà al secondo tentativo. Virginia Woolf: “Eccola, mia madre, al centro della vasta cattedrale che era l’infanzia; era là dall’inizio. E, s’intende, era il centro di tutto”. Il suo postumo “Momenti di essere. Scritti autobiografici”, scritto tra il 1907 e il 1940 si rivela un teatro della memoria in cui insegue il tempo, conscia del fatto che il passato continua a influire sul presente. Gertrude Stein, riferendosi alla morte della madre, afferma: “La famiglia aveva già l’abitudine di fare a meno di lei”. Figura di rilievo della letteratura modernista, la sua relazione con Alice Toklas, sua compagna, sua dattilografa e agente, agli inizi del ‘900 fece scalpore. Marie Cardinal: “Ti ho tirata fuori, vecchia mia, ti ho tirata fuori! […] Non solo avevo scoperto come esprimermi, ma avevo trovato da sola la strada che mi portava lontana dalla mia famiglia, dal mio ambiente, e mi permetteva di costruirmi un universo finalmente mio”.
Il suo romanzo, che dà il titolo al podcast, è la storia di una rinascita, di un graduale recupero di sé grazie a un lungo percorso psicoanalitico. Il padre assente, la madre carica di ossessioni, la sofferenza di Marie si trasferisce nel suo corpo condannandola, fino ai trent’anni, a vivere isolata dal mondo a causa di continue emorragie che la lasciano senza forze.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma