2022 – FILM

Titolo di uno dei film più divisivi della passata stagione, Tár è anche il nome di una direttrice d’orchestra dotata di enorme talento e carisma, e di un lato dark in cui albergano una smisurata ambizione, una propensione all’abuso di potere e una totale mancanza di empatia.
Nel privato condivide la vita con un’altra donna e con una figlia. Un personaggio controverso, reso magnificamente da Cate Blanchett, da molte interpretato come l’ennesimo processo di “mascolinizzazione” di una donna di potere.
Tra le tante critiche, quella della musicista statunitense Marin Alsop che ha dichiarato al Sunday Times di essersi sentita offesa dal film “in quanto donna, in quanto direttrice d’orchestra e in quanto lesbica”. Come se, per paradosso, qualunque donna che abbia figli dovesse sentirsi offesa, ”in quanto madre”, dal personaggio di Medea.
Dobbiamo forse credere che appartenere ad un genere, ad una “tipologia” di individuo o, peggio ancora, ad una categoria di minoranza, ci metta automaticamente al riparo dalla possibilità di non essere belle persone? E ancora, questa tendenza alla categorizzazione degli esseri umani e delle loro vite, in base ad un pensiero politicamente corretto sempre più uniformante, lavora veramente a favore dei nostri diritti?
In uno dei dialoghi più rivelatori del film, ad uno studente che afferma di non prendere in considerazione Bach in quanto bianco, cisgender e misogino, Lydia Tár risponde: “Il narcisismo delle piccole differenze conduce al più noioso dei conformismi”.
Una geniale lettura di quella “cancel culture” che spesso, nella sua foga riparatoria, crea un’allarmante omologazione del pensiero.
Lydia Tár non è una brava persona e nessuno ci chiede di amarla. Quello che chiede il film è guardare negli occhi il potere in quanto tale. E osservare come il suo uso distorto e manipolatorio porti alla distruzione delle persone. In questo caso anche di chi lo esercita, a dispetto del suo indiscutibile fascino.
Consigliato da Stefania amica della Casa delle donne di Parma