L’inchiesta di Jodi Kantor e Megan Twohey, le due giornaliste del New York Times autrici di un importante atto d’accusa nei confronti di Harvey Weinstein, è raccontata in un libro e in questo bel film diretto dalla regista Maria Schrader (Unhortodox). Le prime voci di molestie sessuali che vedono coinvolto il potente produttore cinematografico, fondatore della Miramax, e tante altre personalità dello star system americano, nell’ambito di un vero e proprio sessismo sistemico diffuso, risalgono a parecchi anni prima ma c’è voluto tempo perché si organizzassero. Decenni, durante i quali molte denunce sono state ignorate o messe a tacere con accordi finanziari perché i reati di questo tipo non erano perseguibili penalmente e le cause civili, per molte delle donne coinvolte, troppo costose. Inoltre, e questo sarà uno dei meriti fondamentali dell’inchiesta che crea un collegamento tra le vittime, mettendo in gioco informazioni, solidarietà e desiderio di giustizia, ciascuna di loro viveva la propria esperienza come un caso isolato.
Il film, che alterna momenti del privato delle giornaliste al loro lavoro certosino di ricostruzione dell’indagine, ha il merito di non spettacolarizzare gli abusi che qui non si vedono ma si ascoltano. Bastano infatti le parole pronunciate dalle vittime, nel corso delle tante telefonate o nelle interviste che le due giornaliste riescono ad ottenere, per mettere in evidenza la gravità e l’orrore delle molestie psicologiche o fisiche subite. Parole che, nell’abbattere la barriera di silenzio che circonda i fatti, producono finalmente una presa di coscienza collettiva. Il movimento #metoo nasce in questo momento.
Carey Mulligan e Zoe Kazan sono molto brave nell’interpretare le due giornaliste, come il resto del cast di questo film solido e serrato che, inserito nel filone del cinema d’inchiesta americano, risulta alla fine essere necessario.
Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma