AMORE, SESSO E ALTRE COSE COSÌ (2022) di Fiore Manni e Elena Peduzzi. Ed. Rizzoli [Letteratura per l’adolescienza]

Sabrina legge un annuncio in bacheca e non può credere ai suoi occhi: la preside ha cancellato le lezioni di educazione sessuale dal programma. Proprio ora che a scuola tuttɜ sembrano impazzitɜ per l’argomento e nessuno sa più come si sveglierà domani, che emozioni proverà, qual è il confine tra amicizia e amore. Lei e i suoi amici, Frida, Enea e Kristos, hanno un’idea geniale. Raccolgono di nascosto i dubbi imbarazzanti degli studenti su questioni di amore, sesso e altre cose così e, grazie all’aiuto di professioniste, fondano un giornale clandestino che si propone di dare le risposte di cui hanno bisogno. Come si gestisce la prima cotta? Perché il corpo cambia, e come bisogna prendersene cura? Che cos’è il movimento LGBT+? Perché è importante saper dire di no? Questi argomenti saranno tutti affrontati, e molto altro si leggerà tra le pagine del loro giornalino (e di questo libro). Il risultato è un libro ben fatto, dolce e ironico. Indicato per ragazzi e ragazze dai 10 anni in su, descrive tutto quello che riguarda sessualità, amore e i diversi orientamenti e identità, con un approccio educativo sempre delicato e attento nei confronti delle vulnerabilità e della confusione tipica di quell’età. Le autrici, Fiore Manni ed Elena Peduzzi, ci regalano un libro metà romanzo e metà manuale, indispensabile per sopravvivere a quell’uragano di emozioni e domande che prima o poi travolge tuttɜ. Con la consulenza di un’urologa, una ginecologa e una psicologa.
Consigliato da Patrizia della Casa delle Donne

NO! Ancora una morte, ancora una narrazione sbagliata

La morte di Silvana Bagatta, uccisa con un colpo di fucile da suo marito, il 15 maggio, nella nostra città, non è una tragedia privata, ma un femminicidio.

Silvana Bagatta è, purtroppo, l’ennesima dimostrazione di quanto, in relazioni distorte e patologiche, il “possesso” possa portare un marito ad arrogarsi il diritto di prendere la vita della propria moglie. E allo stesso tempo è segno di quanto sia difficile misurarsi oggi con la malattia. Di quanto le strutture sociosanitarie e la società più in generale lascino i caregiver e tutte le persone che si prendono cura di qualcunƏ in una solitudine disperata.

Un problema sociale immenso di cui la politica non si assume il carico e di cui si parla troppo poco e quando se ne parla, lo si fa male. La morte di Silvana Bagatta, infatti, ci è stata raccontata in un modo sbagliato. Perché parlare di “gesto d’amore” o di “pietà” in casi simili è inaccettabile. Così come sono inaccettabili l’assunzione del punto di vista dell’omicida e le illazioni sullo stato di salute della vittima.

La narrazione del “gesto d’amore”, non fa che riprodurre l’idea atavica e consolidata che la cura sia “roba” da donne, capaci, in silenzio, di assumersi il carico indicibile del dolore dell’accudimento. Una capacità che pare non poter appartenere in uguale misura agli uomini. Dalle donne ci si aspetta il “naturale” sacrificio di sé nella cura dell’altrƏ, l’uomo invece, può compiere scelte diverse tra cui ricorrere al “delitto di pietà”. È evidente come siamo sempre e ancora dentro dinamiche di un potere maschile e un dovere femminile che devono essere scardinate.

Tanto più che i numeri parlano chiaro e ci dicono che la vicenda di Silvana Bagatta non è solo privatamente tragica, ma sintomatica di una cultura che ha la tendenza a negare che le morti come la sua siano da considerarsi femminicidi attribuibili ad una cultura patriarcale.

Inoltre, costruire articoli sulla dinamica, aggiungendo dettagli per particolarizzarla significa anche scegliere di inchiodarla alla dimensione privata per sottrarla al dibattito politico.

Per questo la Casa delle Donne si oppone alla narrazione di alcuni articoli usciti in questi giorni in merito al femminicidio di Silvana Bagatta, perché le parole sono politiche e sceglierle vuol dire schierarsi a favore o contro la riproduzione di stereotipi che sono alla base della violenza stessa.

E significa anche scegliere di non volerla cambiare.

ALFONSINA E LA STRADA di Simona Baldelli Ed. Sellerio 2021 [LIBRO]

La fascetta rosa che abbraccia il libro cita “Un romanzo coinvolgente e a tratti fiabesco. Le imprese di Alfonsina Strada, ciclista rivoluzionaria che per prima partecipò al Giro d’Italia nel 1924”.
La triste sintesi in cui la storia “ufficiale” relega la prima grande ciclista italiana era nota, ma le pagine di Simona Baldelli, con l’astuzia saggia del romanzo, hanno ampliato gli orizzonti e reso la sua vita un racconto vasto, complesso e avvincente, quello che tutte le grandi biografie meritano.
Nelle pagine di questo libro la “matta”, il “diavolo in gonnella” – epiteti con cui era sminuita dai suoi contemporanei – diventa uno dei personaggi più rivoluzionari della storia dello sport del nostro paese. Forse il più rivoluzionario. Una donna. La prima.
La prima donna a partecipare al Giro d’Italia, sola tra uomini. Il racconto è da mangiarsi tutto d’un fiato. Storia di fatiche, umiliazioni, sogni, limiti superati, ferite fisiche e morali patite. Bellezza.
Ha sbaragliato le carte in tavola l’Alfonsina. Ha sbaragliato le carte della sua esistenza individuale, delle rassicuranti prigioni sociali e dei pregiudizi di ogni tipo.
Sono pagine quelle di Simona Baldelli di una bellezza disarmante, sono saliva sputata al fianco, fame e sete, salite mangiate a suon di sorrisi e lacrime, rabbia per il mondo che si tinge di nero e interrompe i sogni. Sono la fragranza della miglior gioia. Bellezza piena ed autentica, senza necessità di dissimulazione.
Ricordiamo oggi, attraverso la lettura di queste pagine, i cento anni dalla partecipazione della prima donna al Giro d’Italia (10 maggio-1 giugno 1924).
Consigliato da Sara della Casa delle Donne di Parma

​​LINFA di Carlotta Cerquetti (2018) [Documentario]

E’ un documentario meta-musicale, LINFA. Presentato al Festival del Cinema di Roma nel 2018, ha come co-protagonista il Pigneto, il quartiere popolare romano roccaforte della Resistenza durante la II Guerra Mondiale e indimenticabile ambientazione dei film di Rossellini e Pasolini. Negli anni, la zona ha accolto immigrati, studenti, artisti, e ha visto nascere un movimento femminista e transfemminista controculturale. Una comunità di artiste, musiciste, performer, provenienti da realtà diverse che hanno trovato qui lo spazio per vivere liberamente la propria identità e la propria arte. Lola Kola, stravagante performer transgender, Maria Violenza e il suo synth punk dalle melodie arabeggianti, le balcaniche Opa Opa con il loro elettro punk mischiato al folclore, le No Choice che uniscono musica e parola, la no wave di Lady Maru, e poi Lilith Primavera, Industria Indipendente e infine Silvia Calderoni, l’artista romagnola arrivata a Roma per amore, con la compagnia Motus, per uno spettacolo al Teatro Valle occupato.
“Sono venuta ad abitare al Pigneto nel 1999 quando ancora non era un quartiere gentrificato e non si parlava ancora di scena artistica. Poi l’ho visto crescere, esplodere, implodere”, “…è un quartiere pieno di circoli Arci importanti per l’underground romano, il Fanfulla, il Verme, 30 Formiche…”, “c’è possibilità di azione, ci sono menti differenti qui”. Tutte artiste che si sono messe a disposizione del luogo e della gente che ci abita perché stare al Pigneto è come vivere in uno stesso villaggio, è condividere la stessa attitudine alla vita; è mettere in comune la coscienza politica che ti porti addosso. Un mondo, soprattutto esistenziale, in cui sperare in una vita autentica, magari sedute ai tavoli assolati della Libreria Tuba.
Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma

25 aprile. dietro le linee nemiche. Rai Radio [podcast ]

Il podcast di RaiPlay Sound racconta, in tre episodi, la vita e le imprese della partigiana Paola del Din. Nata a Pieve di Cadore nel 1923 è stata insignita della Medaglia d’Oro al Valor Militare nel 1957.
Molto legata al fratello Renato, di un anno maggiore di lei, e fondatore della brigata Osoppo-Friuli, ne raccoglie l’eredità alla sua morte. Renato, infatti, viene ucciso dai nazisti a Tolmezzo durante un assalto a una caserma repubblichina, nella notte tra il 24 e il 25 aprile del 1944. Il dolore di Paola si trasforma in un maggior impegno nella lotta antifascista. Col nome di battaglia “Renata”, dopo i primi incarichi come staffetta e informatrice, rischia la vita per raggiungere gli alleati a Firenze, portando loro importanti documenti segreti. Chiede poi di seguire un corso per paracadutisti per poter tornare al nord, ancora occupato dai nazifascisti. Addestrata dalle forze britanniche a San Vito dei Normanni diventa la prima donna paracadutista militare italiana, prendendo parte a undici voli di guerra. Alla vigilia della Liberazione si fa paracadutare in Friuli per una missione speciale ma atterra in malo modo fratturandosi una caviglia. Claudicante riesce comunque a portare a termine il suo compito e, fino alla Liberazione, continua ad attraversare le linee di combattimento per portare messaggi agli alleati che avanzano.
Paola del Din ha oggi 101 anni e, nel podcast, sono state inserite alcune sue testimonianze.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma

COMUNIONE. La ricerca femminile dell’amore, di bell hooks, Il Saggiatore 2023

L’ultimo saggio di bell hooks tradotto in italiano è un manifesto politico dell’amore.

Perseguire la libertà significa dimenticare l’amore?

hooks resiste a questa idea mescolando la propria radicalità con i valori “fuori moda” assorbiti in famiglia.

Il risultato è un potente inno contro la paura. Una inaspettata quanto impeccabile risposta all’inconciliabilità tra rivoluzione femminista e desiderio d’amore; l’affermazione che non si escludono reciprocamente. Il grido che le vicende individuali sono pubbliche e politiche e che, proprio per questo, non possono prescindere dall’amore.

Leggere questo libro vuol dire fare abbondanti scorte di: coraggio, autoconsapevolezza, voglia di amare.

Consigliato da Martina della Casa delle donne di Parma

VITE PARALLELE di WANURI KAHIU (2022) [Film]

La regista Wanuri Kahiu è stata insignita del premio Città di Venezia nel 2011. Premio che ogni anno, in occasione della Mostra internazionale d’arte cinematografica, viene assegnato a un/a cineasta dell’Africa o di altri continenti del sud del mondo. Il film Vite Parallele, pone una domanda: “cosa sarebbe successo se”, questione che apre a riflessioni sul destino e sul libero arbitrio. La realtà delle alternative, tanto usata in altri film a tema e.g. Sliding Doors, è l’elemento dominante utilizzato dalla regista. La protagonista Nathalie, interpretata dalla talentuosa Lili Reinhart, una volta ottenuta la laurea, vuole realizzare il suo sogno nel cassetto: quello di trasferirsi a Los Angeles insieme alla sua amica Cara, per farsi strada nel mondo dell’animazione. Una notte di sesso con il suo migliore amico Gabe biforca il suo destino: in un caso si ritrova con un test di gravidanza positivo che la costringe a vivere con i genitori per crescere il figlio come madre single; nell’altro, Nathalie non è incinta e continua la sua vita verso il successo e l’amore. Il racconto delle due vite è dinamico e gradevole con riprese e movimenti di scena alternati e con una sottotrama romantica che non dimentica l’ottica inclusiva. La regista ironizza sottilmente sugli stereotipi di genere, sulla presunta dicotomia tra la carriera e la maternità. Più il film si inoltra nei meandri della trama più le due realtà divergono ma presentano diversi punti di contatto in cui in modo sottile si chiarisce che la gravidanza non può e non deve influenzare il percorso umano e lavorativo di una donna. Non sentiamo mai la fatica di Nathalie nel crescere un figlio quasi da sola, né percepiamo gli inevitabili sacrifici economici a cui è costretta una stagista in una metropoli come Los Angeles.
Un’’opera gradevole che si distingue rispetto alla media dei film originali delle piattaforme per la sua vitalità e per la leggerezza con cui si approccia a tematiche complesse e delicate.
Consigliato da Patrizia della Casa delle donne di Parma

Venerdì 19 aprile ore 18.30 DONNA VITA E LIBERTA’

Presentazione del libro “JIN JIYAN AZADÎ La rivoluzione delle donne in Kurdistan” Curato dall’istituto
Andrea Wolf
Voci di venti donne rivoluzionarie, lettere memorie private, pagine di diario che sono l’impronta della lotta
e della resistenza kurda. Un progetto politico che scardina l’origine del patriarcato.
Sarà presente Claudia Zeryan del Comitato Jineoloji Europa
In collegamento Compagne del YPJ in collegamento video dal Rojava
Conversa con le partecipanti Roberta Maggiali

Iniziativa curata da Rete Kurdistan Parma, Donne in Nero Parma e Casa delle Donne Parma.