LA GIOIA AVVENIRE di Stella Poli – Mondadori, 2023 [NARRATIVA]

“Le cose non andrebbero dette mai. Creano – socchiuse – una serie di connessioni, implicature, filamenti viola e vischiosi come le foto delle sinapsi nei sussidiari delle elementari. Portate a esistenza, messe in mezzo, sono neonati tremendi, fagotti color arrosto dallo sguardo implacabile. Una cosa raccontata è tracotante: esige, estorce quasi”.
Con un linguaggio poetico e, al contempo, con una prosa tagliente che cattura subito l’attenzione del lettore, l’autrice dà voce a Sara, una psicoterapeuta, che racconta all’avvocato la storia di una sua paziente, Nadia, alla ricerca di una giustizia tardiva. Ha quattordici anni Nadia quando un amico del padre inizia a corteggiarla. Figlia unica, di famiglia medio-borghese, è una ragazzina infagottata nelle sue felpe larghe e sformate per nascondere una femminilità già prorompente. La tecnica di approccio è molto lenta, è fatta di sguardi fugaci, di parole dolci e teneri sms di cui Nadia si sente quasi lusingata e, finalmente, “vista”. Lei stessa afferma: “vorrei poter dire che mi ha colta di sorpresa, mi ha sopraffatta con la forza, mi ha picchiata”, ma è salita in macchina con lui di sua spontanea volontà e ormai era troppo tardi. Alla storia vera e propria si alternano rielaborazioni oniriche, salti temporali senza mai perdere di vista la sofferenza sorda della protagonista. Poli non usa mai termini crudi o descrizioni particolarmente violente. Tuttavia, con la sua prosa efficace, ci trasmette tutto il dolore di Nadia e i suoi dubbi: come può dimostrare che non aveva capito? Come far credere che aveva avuto fiducia nell’amico di suo padre?
Stella Poli (1990) è nata a Piacenza ed è assegnista di ricerca in linguistica italiana presso l’Università di Pavia.”La gioia avvenire” è il titolo di una poesia di Franco Fortini.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma

LA FIGLIA OSCURA di Maggie Gyllenhaal (2021) [FILM]

Leda, una docente di letteratura comparata, arriva in vacanza su un’isola greca. Vuole approfittare del silenzio e della natura per dedicarsi ai suoi studi. Un sogno che si realizza e che però viene bruscamente interrotto dall’arrivo di una chiassosa famiglia che, senza troppi riguardi, s’impossessa della spiaggia, invadendo prima il suo spazio e poi la sua mente.
Di quel gruppo minaccioso attirano la sua attenzione una giovane madre e la figlia, protagoniste di un rapporto difficile in cui Leda si riconosce e che la riporta al passato e ai sentimenti contrastanti, mai del tutto rinnegati, provati nelle prime fasi della sua maternità quando le figlie, togliendole forze e respiro, erano diventate anche per lei un insopportabile impedimento.
“La nostra cultura” ha dichiarato la regista Maggie Gyllenhaal nel corso di un’intervista “ha stabilito una gamma ristretta di sentimenti che una madre può concedersi: sono tutti pronti a giudicare se si esce da questo spettro. Io ho due figlie, essere madre è la cosa più grande che ho fatto ma penso che non esista donna che non abbia desiderato andare via da casa, sbattere la porta e lasciare i figli”.
Il film è imperfetto ma coinvolgente. Ed è indubbio che il tema affrontato, presente ad ogni latitudine, quello della maternità contrapposta alla realizzazione di sé, con i suoi dubbi e sensi di colpa, sia importante e poco dibattuto. Che Gyllenhaal, affascinata dalla lettura dell’omonimo romanzo di Elena Ferrante, lo abbia scelto per la sua opera prima e affrontato senza pregiudizi le rende merito e non fa che confermare la sua fama di attrice impegnata e poco convenzionale. Ottima la scelta del cast.
Il film ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura non originale al Festival del Cinema di Venezia del 2022.
Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma

“FLANEUSE. Donne che camminano per la città a Parigi, New York, Tokyo, Venezia e Londra” di Lauren Elkin – Ed. Einaudi 2022. [NARRATIVA]

Il flâneur, vale a dire il camminatore urbano, è simbolo di libertà e autodeterminazione. Per il mondo intero, gli eroi camminatori erano solo uomini, come Poe o Baudelaire. La maggior parte dei dizionari francesi non riportava nemmeno il termine flâneuse. Durante l’ammodernamento ottocentesco di Madrid, solo una strada venne intitolata a una donna. Il termine flâneuse (passeggiatrice) ancora oggi viene attribuito alle prostitute e non alle donne che camminano nel mondo. Lauren Elkin non accetta questa situazione e nel libro ricostruisce una genealogia letteraria, storica, culturale di donne che con le strade cittadine hanno avuto un legame profondo, creativo ed emotivo. La scrittrice comincia il suo viaggio dai sobborghi di New York, dove è nata, spostandosi nella Parigi rivoluzionaria, in cui George Sand si spoglia dei vestiti e cappellini per destreggiarsi tra barricate e omnibus in stivali e redingote. Passa poi per Londra, sulle orme di Virginia Woolf che attraversa la città alla ricerca di una matita, e di nuovo nella Parigi del 1919 dove Jean Rhys diventa una perfetta «ragazza della Rive gauche». Si giunge poi a Venezia, dove Sophie Calle pedina il misterioso Henri B. per fotografarlo di nascosto, e poi a Tokyo, e ancora a Parigi, incontrando la Cléo di Agnès Varda. Infine torna a casa, a New York, dove Elkin si perde. Perché, come dice Perec, lo spazio è un dubbio: «non è mai mio, mai mi viene dato, devo conquistarlo». Come hanno fatto le flâneuses nella storia, così fa Elkin in questo libro, simbolo di una storia culturale di donne, scrittrici e artiste, che hanno trovato la libertà personale e l’ispirazione impegnandosi a piedi nelle città. E’ stato pubblicato in cinque lingue.
Consigliato da Patrizia della Casa delle donne di Parma

LE PAROLE PER DIRLO – podcast di Rossana Campo (disponibile su Rai Play Sound) [PODCAST]

Quattro scrittrici, quattro donne vissute in epoche diverse che hanno cercato di uscire dai cliché imposti dai tempi e dalle famiglie pagandone un prezzo molto alto. Jeanette Winterson: “A mio padre piaceva guardare la lotta, a mia madre piaceva farla; non importava quale. Lei era nel giusto, e poche storie”. Adottata da una rigida coppia pentecostale va via di casa a 16 anni dopo aver confessato la sua relazione lesbica e subìto punizioni e prediche da parte della comunità religiosa. Si mantiene con un lavoro al mercato, vive in una vecchia auto e continua a studiare per entrare a Oxford. Ci riuscirà al secondo tentativo. Virginia Woolf: “Eccola, mia madre, al centro della vasta cattedrale che era l’infanzia; era là dall’inizio. E, s’intende, era il centro di tutto”. Il suo postumo “Momenti di essere. Scritti autobiografici”, scritto tra il 1907 e il 1940 si rivela un teatro della memoria in cui insegue il tempo, conscia del fatto che il passato continua a influire sul presente. Gertrude Stein, riferendosi alla morte della madre, afferma: “La famiglia aveva già l’abitudine di fare a meno di lei”. Figura di rilievo della letteratura modernista, la sua relazione con Alice Toklas, sua compagna, sua dattilografa e agente, agli inizi del ‘900 fece scalpore. Marie Cardinal: “Ti ho tirata fuori, vecchia mia, ti ho tirata fuori! […] Non solo avevo scoperto come esprimermi, ma avevo trovato da sola la strada che mi portava lontana dalla mia famiglia, dal mio ambiente, e mi permetteva di costruirmi un universo finalmente mio”.
Il suo romanzo, che dà il titolo al podcast, è la storia di una rinascita, di un graduale recupero di sé grazie a un lungo percorso psicoanalitico. Il padre assente, la madre carica di ossessioni, la sofferenza di Marie si trasferisce nel suo corpo condannandola, fino ai trent’anni, a vivere isolata dal mondo a causa di continue emorragie che la lasciano senza forze.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma

ROSA PARKS di Mariapaola Pesce e Matteo Mancini, @beccogiallo 2020 [GRAFIC NOVEL]

Vivere il presente senza dimenticare il passato. Sembra che Mariapaola Pesce abbia pensato a questo, quando, sull’onda del #blacklivesmatter (di cui quest’anno ricorre il decennale), decide di scrivere la sceneggiatura della graphic novel dedicata a Rosa Parks. La “donna timida, ostinata e capace” entrata nella storia per aver dato un contributo fondamentale alle lotte per i diritti civili, portate avanti negli anni ’50 dalle comunità nere degli Stati del Sud dove ancora imperversava la segregazione.
Immaginata come un racconto nel racconto, la storia inizia in una sera di dicembre del 2014, quando un anziano tassista accompagna un giovane afro americano di successo ad una festa. Colpito dalla sua spavalderia e arroganza – neppure conosce il significato di I CAN’T BREATH, la scritta che porta stampata sulla felpa – decide di dargli una lezione raccontandogli gli eventi di cui è stato testimone molti anni prima a Montgomery, in Alabama.
Era il 1955, quando una sera, Rosa Parks, al ritorno dal lavoro, prende l’autobus 2857 diretta a casa. Si siede in una fila centrale, ma quando dopo poche fermate sale un passeggero bianco, il conducente le chiede di alzarsi per lasciargli il posto. Lo ha sempre fatto, di alzarsi, ma questa volta no, non lo fa. La misura è colma.
Dal suo arresto, durato per fortuna poche ore – l’avvocato bianco Cliffon Durr pagherà la cauzione per lei – prenderà il via uno sciopero di protesta che la NAACP, l’associazione per i diritti dei neri di cui Rosa fa parte, deciderà di continuare ad oltranza. Fino a che la Corte Suprema degli Stati Uniti, nel 1956 e all’unanimità, dichiarerà incostituzionale la segregazione.
Anni dopo, Rosa Parks dichiarerà: “Dicono sempre che non ho ceduto il posto perché ero stanca, ma non è vero. Non ero stanca fisicamente, non più di quanto lo fossi di solito alla fine di una giornata di lavoro…No, l’unica cosa di cui ero stanca era subire”.
Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma

NEL CERCHIO DEGLI UOMINI regia di Paola Sangiovanni – 2023 – [Documentario]

Il docufilm, reperibile su Raiplay, racconta dell’esperienza nata nel 1999 a Torino da un gruppo di amici che decidono di riunirsi periodicamente per parlare di emozioni e vissuti, al fine di essere più felici come uomini. Nel 2004 si è poi costituita un’associazione che da allora collabora con il Comune di Torino per percorsi di prevenzione della violenza sulle donne.
Il film dà voce agli uomini, partendo dalle loro riflessioni individuali che divengono poi collettive.
Un uomo racconta dell’ aggressività verso una compagna che lo domina, un altro della rabbia di fronte alla moglie che decide di abortire contro il suo parere, un altro ancora parla del suo modo di uscire faticosamente da una relazione finita. Le immagini alternano riprese degli uomini del cerchio ad altre in bianco e nero con scene di vita familiare degli anni 50-60.
“Mio padre era assente e giudicante, insomma un tipico padre anni ‘60”. I modelli del passato vengono analizzati ma non è semplice indicare e percorrere una strada nuova, ci si sente diversi ma non si sa come fare. Una cortina di ferro pare bloccare gli uomini, che aspirano però ad esprimere sentimenti e vogliono piangere, come non è stato mai permesso loro di fare.
La regista con discrezione li ascolta, cerca di cogliere il senso delle loro esperienze e della loro ricerca di emozioni e relazioni con l’altro e con il femminile.
Davvero toccante il laboratorio teatrale finale, nel quale il pubblico è chiamato ad entrare in scena e ad indicare nuove soluzioni.
Consigliato da Daniela della Casa delle donne di Parma

C’ERA UNA VOLTA IL PRINCIPE AZZURRO di Ross Venokur – 2018 -[Film per infanzia e adolescenza]

Le favole sono un patrimonio di grande valore. Sono molti gli studi che ne riconoscono l’importanza, ma se le guardiamo con gli occhi di oggi ci sono situazioni e scelte che andrebbero spiegate bene ai bambini. Perché le principesse non sono mai le prime a dichiararsi? Perché è sempre il principe azzurro a risolvere la situazione? C’è un film per bambini contro gli stereotipi di genere che possiamo vedere: “C’era una volta il Principe Azzurro”. Filippo, il principe protagonista, non sa guidare nemmeno un calesse. Ci prova a essere coraggioso ma non risolve mai la situazione da solo, e con la spada non è proprio il massimo. Ciononostante tutte le donne che incontra si innamorano di lui, ma attenzione: è solo un incantesimo di Nemesi Maldamore, una strega arrabbiata che lo ha condannato a dei finti amori. Come il principe Filippo è l’opposto del classico principe delle favole, Lenore è tutt’altro che la timida ragazza salvata dall’uomo forte. Indossa pantaloni, è una ladra molto abile, tira perfettamente con l’arco e non ha paura di niente. Sembra anche immune all’incantesimo della strega, infatti lei di Filippo non vede il sorriso incantatore ma la semplicità. Filippo deve assolutamente scegliere la sua sposa e rompere così l’incantesimo della strega, ma pur avendo conquistato le più belle principesse delle favole, si rende conto che non ne ama nemmeno una. Il re, suo padre, gli impone la scelta della sposa e gli ordina di affrontare la grande prova della montagna. Forse così il figlio capirà chi è il suo vero amore. Lenore si offrirà come guida, camuffata da uomo, pur di avere il tesoro che le hanno offerto. Durante il viaggio entrambi capiranno cos’è il vero amore. Filippo non verrà così amato per il suo aspetto ma per la capacità di essere se stesso.
Consigliato da Patrizia della Casa delle donne di Parma

SULLE ORME DI GERDA TARO regia di Camille Ménager – 2021 – [Documentario] disponibile su RaiPlay.

Il documentario narra la breve ma intensa vita di Gerda Taro (Stoccarda,1910 – Brunete, 1937), fotografa antifascista.
Il suo vero nome è Gerta Pohorylle e nasce a Stoccarda da una famiglia ebrea di origine polacca. É portata per lo studio, ama i bei vestiti, gioca a tennis e, nonostante le sue origini borghesi, aderisce fin da giovanissima ai movimenti socialisti, opponendosi apertamente all’ascesa del nazismo. Viene anche arrestata nel 1933 con l’accusa di attività sovversive ma, tornata libera, decide di trasferirsi a Parigi. Qui incontra Robert Capa, fotografo già affermato e che diventerà suo compagno di vita e di lavoro. Nel 1936 entrambi decidono di documentare la guerra civile spagnola. All’inizio usano il marchio Capa-Taro indistintamente, motivo per cui da qualche anno gli addetti ai lavori stanno cercando di capire quali scatti siano da attribuire a Gerda e quali a Robert. E non solo in base a testimonianze, documenti e al formato dei negativi ma anche perché era soprattutto caratteristica di Gerda il considerare la fotografia come forma di militanza politica.
Gerda realizza il suo più importante reportage durante la battaglia di Brunete, caratterizzata da un violento ribaltamento di fronte a favore dell’esercito franchista. Resta in prima linea per immortalare i tremendi bombardamenti in atto. La pubblicazione sulla rivista “Regards” accende il mito di questa coraggiosa reporter tedesca. Nel tornare dal fronte riporta gravi ferite a causa di un incidente. Gerda viaggia aggrappata al predellino esterno di una vettura carica di feriti che si scontra con un carro armato sbandato durante un improvviso bombardamento e cade sotto i cingoli restando schiacciata. Muore in ospedale. Aveva 26 anni.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma

DOVE NON MI HAI PORTATA di Maria Grazia Calandrone – Einaudi 2022 – [Libro]

1965: un uomo e una donna, dopo aver abbandonato nel parco di Villa Borghese la figlia di otto mesi compiono un gesto estremo: si buttano nel Tevere. Quella bambina era Maria Grazia Calandrone. Lei, decisa a scoprire la verità sulla sua sorte, torna sui luoghi in cui la madre ha vissuto, sofferto, lavorato e amato. ” Scrivo questo libro perché mia madre diventi reale”. Chi teme di trovare in questo libro fatti pruriginosi non li troverà. E’ un’indagine condotta accertando dei dati ma priva di cinismo e senza compiacimenti. Maria Grazia Calandrone prova a ridare vita alla madre e scrive un racconto crudo e dolce. Molto vero. Così, dopo ” Splendi come vita”, l’autrice chiude un cerchio, concludendo un dolorosissimo e catartico dittico materno. Scrive perché i suoi genitori l’hanno concepita fuori dal matrimonio e con la loro povertà e tragedia umana rischiavano di costringerla al brefotrofio. Allora le hanno fatto un regalo: ” Ti lasciamo libera nel mondo. Speriamo che qualcuno buono e generoso si prenda cura di te.” ” Vivi, vivi anche per noi”. Questo libro ci regala qualcosa di prezioso: un racconto intimo che è anche archeologia dei sentimenti. Quelli più profondi.
Consigliato da Lina della Casa delle donne di Parma

Convegno CAPACE DI SCEGLIERE. Aborto, libertà e diritti a 45 anni dalla 194.

Viviamo ancora immerse in una cultura

patriarcale difficile da estirpare che non

riconosce le donne come soggetti etici e

responsabili. Per questo rivendicare la

capacità di scegliere e di autodeterminarsi

delle donne è necessario quanto urgente,

così come parlare di aborto e 194, una

legge da sempre sotto attacco.

Il convegno “Capaci di scegliere”, intende

aprire una riflessione femminista

sull’esperienza della IVG e approfondire

aspetti tecnici e organizzativi, a sostegno

dell’autodeterminazione nella sessualità

e nelle scelte procreative.