SULLE ORME DI GERDA TARO regia di Camille Ménager – 2021 – [Documentario] disponibile su RaiPlay.

Il documentario narra la breve ma intensa vita di Gerda Taro (Stoccarda,1910 – Brunete, 1937), fotografa antifascista.
Il suo vero nome è Gerta Pohorylle e nasce a Stoccarda da una famiglia ebrea di origine polacca. É portata per lo studio, ama i bei vestiti, gioca a tennis e, nonostante le sue origini borghesi, aderisce fin da giovanissima ai movimenti socialisti, opponendosi apertamente all’ascesa del nazismo. Viene anche arrestata nel 1933 con l’accusa di attività sovversive ma, tornata libera, decide di trasferirsi a Parigi. Qui incontra Robert Capa, fotografo già affermato e che diventerà suo compagno di vita e di lavoro. Nel 1936 entrambi decidono di documentare la guerra civile spagnola. All’inizio usano il marchio Capa-Taro indistintamente, motivo per cui da qualche anno gli addetti ai lavori stanno cercando di capire quali scatti siano da attribuire a Gerda e quali a Robert. E non solo in base a testimonianze, documenti e al formato dei negativi ma anche perché era soprattutto caratteristica di Gerda il considerare la fotografia come forma di militanza politica.
Gerda realizza il suo più importante reportage durante la battaglia di Brunete, caratterizzata da un violento ribaltamento di fronte a favore dell’esercito franchista. Resta in prima linea per immortalare i tremendi bombardamenti in atto. La pubblicazione sulla rivista “Regards” accende il mito di questa coraggiosa reporter tedesca. Nel tornare dal fronte riporta gravi ferite a causa di un incidente. Gerda viaggia aggrappata al predellino esterno di una vettura carica di feriti che si scontra con un carro armato sbandato durante un improvviso bombardamento e cade sotto i cingoli restando schiacciata. Muore in ospedale. Aveva 26 anni.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma

DOVE NON MI HAI PORTATA di Maria Grazia Calandrone – Einaudi 2022 – [Libro]

1965: un uomo e una donna, dopo aver abbandonato nel parco di Villa Borghese la figlia di otto mesi compiono un gesto estremo: si buttano nel Tevere. Quella bambina era Maria Grazia Calandrone. Lei, decisa a scoprire la verità sulla sua sorte, torna sui luoghi in cui la madre ha vissuto, sofferto, lavorato e amato. ” Scrivo questo libro perché mia madre diventi reale”. Chi teme di trovare in questo libro fatti pruriginosi non li troverà. E’ un’indagine condotta accertando dei dati ma priva di cinismo e senza compiacimenti. Maria Grazia Calandrone prova a ridare vita alla madre e scrive un racconto crudo e dolce. Molto vero. Così, dopo ” Splendi come vita”, l’autrice chiude un cerchio, concludendo un dolorosissimo e catartico dittico materno. Scrive perché i suoi genitori l’hanno concepita fuori dal matrimonio e con la loro povertà e tragedia umana rischiavano di costringerla al brefotrofio. Allora le hanno fatto un regalo: ” Ti lasciamo libera nel mondo. Speriamo che qualcuno buono e generoso si prenda cura di te.” ” Vivi, vivi anche per noi”. Questo libro ci regala qualcosa di prezioso: un racconto intimo che è anche archeologia dei sentimenti. Quelli più profondi.
Consigliato da Lina della Casa delle donne di Parma

Convegno CAPACE DI SCEGLIERE. Aborto, libertà e diritti a 45 anni dalla 194.

Viviamo ancora immerse in una cultura

patriarcale difficile da estirpare che non

riconosce le donne come soggetti etici e

responsabili. Per questo rivendicare la

capacità di scegliere e di autodeterminarsi

delle donne è necessario quanto urgente,

così come parlare di aborto e 194, una

legge da sempre sotto attacco.

Il convegno “Capaci di scegliere”, intende

aprire una riflessione femminista

sull’esperienza della IVG e approfondire

aspetti tecnici e organizzativi, a sostegno

dell’autodeterminazione nella sessualità

e nelle scelte procreative.

POLIAMORE – Riflessioni transfemministe queer per una critica al sistema monogamico – di Car G. Lepori e Nicole (nic) Braida, Eris edizioni (2023) – SAGGIO

Questo breve saggio dedicato al “poliamore” – nuovo modo di configurare le relazioni affettive ed espressione di una crisi del modello tradizionale di famiglia dovuta all’emergere di nuove soggettività di segno comunitario – nasce dalla necessità di avere un libro che si occupi delle non monogamie in modo semplice, da un punto di vista radicale e in italiano, poiché la letteratura esistente è per lo più scritta nella lingua dei paesi in cui questa esperienza è nata o si è maggiormente diffusa (Stati Uniti, America Latina e infine Europa). Un saggio che fornisca, anche attraverso la definizione di un nuovo lessico, uno strumento per informare, creare senso di comunità, scongiurare l’ansia performativa e fare rete. Una “rete di cura” possibilmente, materiale ed emotiva, che sia di supporto nei processi non lineari di decostruzione della mononormatività. Perché, pensare che poliamorici si nasca (“born this way”) rischia di compromettere il “processo attivo” di cambiamento e critica. Finalità di questo testo è anche quella di mettere in discussione l’organizzazione del nostro sistema relazionale insieme agli altri sistemi che dominano la nostra vita: patriarcale, economico, politico, di sesso/genere. L’esclusività e la competizione ad esempio, fondamentali nel sostenere il sistema monogamo, si inseriscono perfettamente all’interno del sistema capitalistico così come il “noi/loro” della politica.
Suddiviso in brevi capitoli dedicati rispettivamente alla monogamia e alla normatività relazionale, all’amore romantico, all’esperienza italiana, allo stigma sociale cui il poliamore è sottoposto, il libro si chiude, come da premessa, con una proposta radicale che rifiuta l’istituzionalizzazione delle relazioni, sostiene l’assenza di gerarchie, mette al centro il consenso e la cura reciproca, e contrasta la competizione.
Un testo collettivo che invita a conoscere prima ancora di pensare a creare spazi di inclusività.
Consigliato da Letizia e Enrica della Casa delle donne di Parma

SULLA RAZZA di Nadeesha Uyangoda, Nathasha Fernando e Maria Catena Mancuso – PODCAST

@sullarazza è un podcast sulla questione razziale in Italia. Molte parole appartenenti alla cultura angloamericana non sono entrate nel dibattito pubblico italiano: Race, Colorism, Tokenism, Political Correctness, Cancel Culture, Cultural Appropriation e molte altre. L’assenza di un corrispettivo in lingua italiana ne impedisce la corretta assimilazione e di conseguenza una presa di coscienza, individuale e collettiva, profonda.
Le puntate iniziano con un approfondimento storico a cui segue una contestualizzazione nella situazione italiana, concludendo con una serie di domande e spunti di lettura/visione.
Ogni episodio è ricco di testimonianze di persone di minoranza etnica che ci fanno comprendere quanto le discriminazioni razziali incidano su ogni aspetto della loro esistenza. “Non esiste lotta che non sia intersezionale” dice Leila Belhadj Mohamed nell’approfondimento dedicato alla puntata nella quale si analizzano i collegamenti tra le oppressioni di razza, genere, classe, orientamento sessuale, religione e disabilità.
“Sulla Razza” è un progetto divulgativo in grado di decostruire la narrazione bianca-coloniale-razzista che tutt’oggi influenza la politica, la cultura, la sanità, lo sport, la moda, i media, ma soprattutto di restituire centralità e valore a temi rilevanti nella vita di chi subisce violenze sistemiche, strutturali e istituzionali.
È fondamentale che la conversazione sia guidata da chi, per secoli, è stato invisibilizzato, relegato ai margini della società ed escluso da ogni tipo di rappresentazione.
Dalla loro pagina IG: “Sulla Razza, il primo podcast di divulgazione sulla questione razziale in Italia, è scritto, disegnato, condotto, gestito e realizzato da donne – working class, razzializzate – e contiene voci ed esperienze di persone di minoranza etnica, queer, migranti, nere.”
Consigliato da Denise della Casa delle donne di Parma

IL FEMMINISMO è PER TUTTI di bell hooks – Ed. Tamu Edizioni (2021) – SAGGISTICA

IL FEMMINISMO è PER TUTTI è il risultato di decenni di militanza. L’autrice si rivolge a quelle persone che non conoscono il femminismo, o ne hanno una visione distorta e manipolata. Il testo affronta le istanze più significative, e dibattute, del femminismo della seconda ondata con uno stile chiaro, semplice ma mai superficiale. Nell’immaginario collettivo prevale l’idea che il femminismo sia un movimento “anti-uomini”. Le strumentalizzazioni messe in atto da un apparato massmediale capitalista, antifemminista e conservatore, impediscono un discorso collettivo di critica e ridicolizzano il potere trasformativo- rivoluzionario del movimento. L’autrice evidenzia che tutt* sono esposti ai condizionamenti della cultura patriarcale. Fondamentale è, quindi, mettere in discussione sé stessi e il contesto di appartenenza, in uno scambio continuo tra privato e pubblico, e dare il via al processo di decostruzione del sessismo interiorizzato. Tanti sono gli argomenti trattati: razza e genere, sorellanza, lotta di classe, corpo, matrimonio e coppia, lavoro, genitorialità ecc. bell hooks ha avuto la straordinaria capacità di fare da tramite tra il mondo accademico e la collettività e ha denunciato la prospettiva elitarista, bianca, privilegiata e eterosessuale che aveva assunto il movimento. Il femminismo non ambisce esclusivamente alla parità di genere in ambito politico, sociale, economico, si batte per il superamento del sistema patriarcale e di tutte le strutture di dominio. In altre parole, o si ripensano i modelli di potere e le sovrastrutture culturali o difficilmente si spezzeranno le catene della subordinazione in modo definitivo. “Scegliere la politica femminista è, dunque, scegliere di amare”. Chiude così bell hooks il capitolo “AMARE ANCORA. Il cuore del femminismo”, illuminandoci su ciò che ha fatto avvicinare molt* di noi a questo meraviglioso movimento di liberazione: il senso di responsabilità, la cura reciproca e il desiderio di giustizia.
Consigliato da Denise della Casa delle donne di Parma

QUINTA VEZ 

Bianca Maria Frabotta rivendicava per le poete la ribellione della “non appartenenza”, quella condizione per cui le donne hanno dovuto lottare per ritrovare il “respiro dell’anima”. Maria Pia Quintavalla, parmigiana, femminista, si inscrive in questa trama di poete donne. Quinta Vez è un libro piccino (solo 90 pagine) ma estremamente denso e complesso. E’ diviso in tre parti: una, fatta di prose poetiche dedicate alla madre China, la bellissima madre-fanciulla risorta in terra di Castiglia: “Tu emanavi musica, ricordo bene, è la prima immagine di te avuta al mondo”. Una, dedicata a lei figlia divenuta madre e, infine l’ultima, pensata come dialogo fra sorelle. La voce della scrittrice è spiazzante: inizia con prose poetiche, intense, dolorosissime; prosegue con la voce poetica di una figlia divenuta adulta che non sa e non vuole ripercorrere il sentiero di errori compiuti dalla madre, per poi fermarsi nel dialogo serrato fra sorelle, alla ricerca della loro singolarità e della loro verità. Non è di facile lettura Quinta Vez: troppo intenso e, a tratti, troppo duro, ma intriso di suggestioni irrisolte e di altissima poesia che va accettata come “dati poetici in sé”. “Nel crepuscolo, entrato ormai nel buio, faticano a trovarla l’uscita, ma poi, in silenzio, una a piedi e l’altra in bicicletta, infilano il cancello una dopo l’altra, senza voltarsi, e credendo di essersi salutate, forse una delle due mormora qualcosa. Dopo questo incontro non si parleranno più.” Così si chiude Quinta Vez.
Consigliato da Lina della Casa delle donne di Parma

LA PRIMA DONNA CHE

LA PRIMA DONNA CHE è un programma dedicato a grandi donne che con coraggio e determinazione hanno cambiato la storia e la società; una rassegna in pillole che racconta l’eccellenza di protagoniste del passato, libere e indipendenti, importanti per i loro insegnamenti. Il progetto, transgenerazionale, è curato da Alessandra de Michele Bragadin e si avvale delle Teche Rai e del contributo di giovani donne, in particolare studentesse, presenti in qualità di voce narrante. 30 episodi che raccontano di pioniere nel campo della Politica, della Scienza, delle Arti, dell’Impresa, dello Sport o della società civile.
Come Lina Merlin, prima donna entrata in Parlamento, che nel 1958 fa approvare la legge che abolisce le case chiuse in Italia. “Lo Stato non deve tollerare il traffico della donna” afferma. O Laura Conti, medica, a cui sta a cuore il rapporto tra salute, ambiente e ricerca scientifica, prima donna ecologista italiana. O Franca Viola, siciliana, che nel 1966 rifiuta la corte del nipote di un boss locale e poi, dopo il rapimento e lo stupro, per prima, il matrimonio riparatore. “Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce” dice.
O come Tina Modotti, operaia, attrice, modella, attivista, fotografa ed esponente del comunismo internazionale. Con la sua arte, fotografando soprattutto fiori ed esplorando geometrie, sarà la prima donna italiana presente al MOMA di NY. E poi, Cecilia Mangini, prima documentarista italiana, Francesca Serio, prima attivista contro la mafia, Emma Carelli, soprano, socialista, prima donna a dirigere un teatro d’opera e tante altre.
Un racconto corale di empowerment femminile, “una goccia giornaliera che battendo sullo stesso punto” contribuisce a sgretolare gli stereotipi di genere.
Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma

CORPI LIBERI

Il podcast di Silvia Ranfagni, “Corpi liberi”, è un viaggio alla scoperta di identità di genere e orientamento sessuale. “Mamma sono trans. Anzi, precisamente sono non binario” è così che un giorno esordisce sua figlia, appena rientrata dalle medie. La mamma, Silvia, pensa immediatamente ad un gioco tra coetanei (Alba fino alla settimana prima diceva di essere un vampiro). Si sta sbagliando e si ritrova catapultata in un vortice di perplessità e incomprensioni che sfocerà in un: “Conosco davvero mio figlio ?”. Silvia si rivolgerà al SAIFIP, un servizio di un ospedale romano specializzato in disforia di genere; qui incontra Mark, un diciottenne in transizione che la aiuterà a comprendere meglio suo figlio. Dopo il coming out, il rapporto con Alex diventa sempre più conflittuale e la ricerca di risposte approderà sulle pendici dell’Etna: nel paesino siculo in cui abita Mark. I protagonisti, seppur distanti geograficamente, vivono esperienze simili. Dalla profonda
sofferenza dovuta alla non accettazione del proprio corpo all’importanza del supporto psicologico durante le fasi di questo percorso. Per entrambi ci sono state delle figure chiave, esterne alla famiglia, capaci di creare uno spazio “libero e senza conseguenze” in cui si sentissero legittimati a essere chi sono davvero e non chi ci si aspettava che fossero. Anche la rete è stata fondamentale: navigando su internet hanno trovato informazioni utili in grado di “dare un nome a ciò che provavano” e persino il sostegno di persone nella stessa situazione. Non binarismo e disforia di genere erano terminologie ignote alle rispettive famiglie. L’incontro tra un mondo conservatore e un mondo contemporaneo e fluido non è stato facile ed è ancora in divenire ma alla fine Silvia dirà: “Alex ci ho messo un anno a capire. Sei esattamente chi ho sempre voluto tu diventassi.”
Consigliato da Denise della Casa delle Donne di Parma