Il significato che si attribuisce al concetto di amicizia deriva dalla filosofia antica. I pensatori dell’epoca ritenevano che l’amicizia si dovesse fondare sulla razionalità e quindi le donne, considerate passionali e istintive “per natura”, non erano adatte a intessere relazioni amicali. L’amicizia, inoltre, presupponeva una coesistenza civica pacifica ed era, per questo motivo, profondamente politica e legata alla sfera pubblica, ai tempi appannaggio maschile.
L’amicizia tra donne è stata mal raccontata e a seconda che a narrarla fosse un autore o un’autrice ha generato immaginari differenti.
Elena Ferrante, ad esempio, ha fatto della pratica dell’affidamento, presente nel femminismo della differenza, un tema centrale dei suoi scritti. L’identità personale è influenzata dalla relazione con le altre ma non prescinde dal contesto culturale in cui è immersa. I modelli di potere assorbiti si ripercuotono nei rapporti interpersonali.
Se da un lato prevale l’idea che “le donne siano le peggiori nemiche delle altre donne”, dall’altro si pensa che le stesse siano “naturalmente capaci di cura”. Questa ambivalenza crea gabbie che agiscono su aspetti differenti ma con unico obiettivo: depotenziare e disincentivare i rapporti femminili. Guerra analizza anche altri prodotti culturali fra cui i film: Mean Girls (un cult sulle numerosissime regole a cui le ragazze devono sottostare durante l’età adolescenziale in cui gelosia, ossessione e rivalità sono alimentate dallo sguardo maschile); Una donna promettente (un film che mostra quanto la violenza maschile possa determinare il rapporto con sé stesse e con le altre donne); Pomodori verdi fritti (un classico capace di interrogare e sovvertire le credenze culturali del tempo raccontando l’amore e la famiglia in modo rivoluzionario). E varie serie TV.
Consigliato da Denise della Casa delle Donne di Parma