Gli occhiali a forma di cuore, indossati dallo scheletro in copertina, non devono trarre in inganno. La scelta radicale dell’autrice/protagonista di “rifarsi completamente”, un pezzo alla volta, è stata per lei, ma lo è anche per noi che leggiamo, un lento calvario. E anche accettando che non ci sia nulla di eroico nel voler corrispondere al proprio desiderio, è indubbio che serva molta determinazione e la consapevolezza che il prezzo da pagare è alto.
“Tutte le mie cose belle sono rifatte”, efficace romanzo di formazione queer, non è il primo fumetto in cui Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti, racconta che cosa significa vivere una disforia di genere. Una definizione che le è venuta in aiuto tardi ma che le è servita per dare un nome al proprio malessere fatto di inadeguatezza, solitudine, amori finiti male o non corrisposti, in una continua ricerca di accettazione. Gli altri sono “Romanzo esplicito”, “P. La mia adolescenza trans” e “Anestesia”, una trilogia in cui l’autrice si racconta in una sorta di autoconfessione affrontata però con l’intenzione di non addolcire la realtà. “Vi avverto, ci andrò giù pesante” è la frase con cui ci accoglie. E se mettere alla prova era una delle premesse, è indubbio che sia stata mantenuta.
Non è facile rivivere con lei il percorso che ha affrontato. Aiuta però, in questo, la sua lucida capacità di rielaborare i fatti e di rialzarsi dopo i fallimenti; e aiuta sapere che intorno a lei una famiglia allargata non le è mai venuta a mancare. Ha molta forza Fumettibrutti, come dimostra anche il suo segno, autorevole e poetico allo stesso tempo.
Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma
