Per “Life for Gaza”

Gratitudine e riconoscenza sono due parole radicalmente transfemministe, perché tengono insieme sentimento e pratica, in un agire che avvicina e unisce.
E noi oggi siamo così, grate e riconoscenti per aver potuto versare 425 euro da destinare all’associazione Life for Gaza e sostenere in questo modo chi continua a vivere ogni giorno le conseguenze dell’occupazione, dell’ingiustizia e del genocidio in Palestina.

I soldi sono stati raccolti venerdì 7 marzo, in occasione dell’intenso e toccante reading teatrale Col vento nei capelli, tratto dal libro di Salwa Salem e rappresentato al Circolo Arci Il Post. Durante la serata ci siamo riconosciute nella voce potente di Dalal Suleiman e abbiamo sentito nostra l’emozione di Ruba Salih, figlia di Salwa, capace di ricostruire una cornice narrativa che ci ha restituito la storia della sua mamma e ci portate dentro il dolore e la forza della diaspora palestinese, in un racconto di esilio, resistenza e autodeterminazione.

Grazie a tutte le persone che erano lì con noi.

Circolo Arci Post, Casa delle Donne, Donne in nero, Comunità Palestinese di Parma, Casa della Pace

SCRIVERE OLTRE LA RAZZA di bell hooks, Il Saggiatore 2024 [LIBRO]

“Scrivere oltre la razza” è l’ultimo saggio tradotto in italiano di bell hooks. In questo testo l’autrice analizza le insidie della supremazia bianca passando dal cinema alla letteratura, dalla storia politica alla sociologia.
Ne risulta una visione intersezionale dei sistemi di dominio che agiscono sempre in modo interconnesso schiacciando le differenze.
hooks ci invita però a prestare attenzione al subdolo “pensiero dualistico”: inchiodare le persone nei soli ruoli oppresso-oppressore è una semplificazione che dimentica le responsabilità individuali e chiude pertanto spazi di trasformazione.
Solo se tuttɜ rifiutassimo il dualismo vittima-oppressore, su cui gli stessi sistemi di dominio paradossalmente si reggono, potremmo davvero autodeterminarci, osservare il cambiamento e quindi riprendere a sperare.
Per hooks la speranza è fondamentale per minare il sistema suprematista, che si nutre proprio di nichilismo per vendere l’idea che la felicità coincida con consumo di beni materiali e dominio.
Se scartiamo l’idea di essere inevitabilmente vittime della società saremo in grado di resistere alla sua influenza, attraverso il ritiro nella riflessione e una vigilanza critica costante che allinei il nostro sistema di pensiero-parola-azione.
hooks ci ricorda che così sarà possibile scorgere una realtà altra, al cui centro ci siano persone e relazioni. ‘Sconfinando’ oltre le differenze scopriremo il motore trasformativo di ogni vera rivoluzione individuale e dunque collettiva: l’amore.
Consigliato da Martina della Casa delle donne di Parma

NOI SIAMO CORAGGIO. STORIE SENZA CENSURA di Désirée Klain – 2024 – Su RayPlaySound [PODCAST]

Dieci puntate e dieci personaggi intervistati da Désirée Klain, giornalista campana, tra attivisti, parenti di vittime innocenti, giornalisti ed esponenti della società civile.
Il podcast si apre con un’intervista esclusiva a Stella Morris, avvocata, moglie di Julian Assange, e con le sue parole sulla libertà di stampa; donna “senza macchia e senza paura” è Marilena Natale, cronista campana sotto scorta dal 2017, che si batte contro la camorra con le sue inchieste e dirette social; Mirella La Magna e l’associazione Gridas (gruppo risveglio dal sonno), vero e proprio “pronto soccorso culturale” a Scampia; Youma El Sayed, reporter di Al Jazeera, e il suo messaggio di pace; Anna Motta che chiede giustizia per il figlio Mario Paciolla, cooperante per l’ONU trovato senza vita nel 2020 in Colombia; Nino Daniele e il suo “Metodo Ercolano” contro la piaga del pizzo; Paolo Siani, fratello di Giancarlo Siani, che si batte per i diritti dei minori; e poi le “donne della luce”: la giornalista ucraina Zhanna Zhukova e le attiviste Ola Karinkova e Fatou Diako con le loro numerose iniziative in aiuto dei paesi in guerra; il giornalista Claudio Mazzone e il magistrato Luigi de Magistris ci parlano del nuovo e inquietante fenomeno della “social camorra”; e, infine, Najeeb Farzad, giornalista afghano attualmente rifugiato in Italia e Barbara Schiavulli di “Radio Bullets” e la loro battaglia per i diritti delle donne afghane.
Un podcast per una libertà di stampa e di pensiero senza bavagli.
Consigliato da Giovanna della Casa delle donne di Parma

Venerdì 7 marzo 2025 Circolo Arci Post

Venerdì 7 marzo, alle ore 20:30, ospiteremo al Circolo Arci Post, insieme alla Casa delle Donne di Parma, alle Donne in Nero di Parma e alla Comunità Palestinese di Parma il reading teatrale “una palestinese racconta” che mette in scena la storia e la vita di Salwa Salem, autrice del testo autobiografico “Col vento nei capelli. Una palestinese racconta” uscito postumo nel 1993, e tradotto in inglese, tedesco e portoghese
L’attrice Dalal Suleiman è la voce calda e forte di Salwa, nella cornice narrativa di Ruba Salih, figlia di Salwa.
Salwa era una donna palestinese. Nata a Yafa nel 1940, cacciata durante la Nakba del 1948 dalla sua città natale, cresciuta a Nablus, esiliata di nuovo nel 1967. Sullo sfondo della tela collettiva del popolo palestinese, la vita di Salwa si snoderà attraverso il mondo arabo e l’Europa: Kuwait, Siria, Arabia Saudita e Austria, prima di approdare in Italia dove Salwa si spegnerà prematuramente, a Parma, il 5 Marzo 1992.
Salwa incarna una storia di esilio e resistenza, di perseguimento dell’autodeterminazione femminile e nazionale. Il suo racconto offre una finestra sul significato più intimo e politico della identità palestinese e della sua diaspora.
Il reading teatrale, corredato di video, brani musicali e poesia, si chiude con il potente video della performer e poetessa Rafeef Ziadah: “Three Generations”, un toccante inno alla capacità di rimanere presenti delle donne palestinesi che resistono, generazione dopo generazione, alla pulizia etnica e alla violenza dell’occupazione israeliana.

Durante la serata sarà possibile devolvere offerte all’associazione Life for Gaza.

L’ingresso è gratuito e riservato all3 soc3 Arci.

Iniziativa organizzata da Donne In Nero Parma , Arci Post, Casa delle donne Parma e Comunità palestinese.

A fianco delle donne del Rojava

Tante donne al fianco delle sorelle del Rojava!
La Casa delle donne di Parma, insieme alle Donne In Nero Parma , si è attivata per raccogliere parte di queste firme e per diffondere la “Lettera aperta per una Siria democratica basata sulla libertà delle donne”!

Now is the time to strengthen the democratic forces in the Middle East, like the DAANES, and to stand with the women fighting for freedom, peace and democracy in Syria!

Per il diritto all’abitare

Appello al Signor Prefetto di Parma, ai Sigg. Sindaci, ai Cittadini, alle Associazioni dei proprietari, agli Enti, alle Istituzioni di Parma e del Parmense

Siamo le associazioni che sabato 11 gennaio a Parma, in piazza Garibaldi, hanno dato vita al presidio per ricordare e rendere omaggio a Miloud Mouloud, morto di freddo a Parma mentre dormiva all’aperto. Altre associazioni si sono qui aggiunte e vanno aggiungendosi.

Anche con questa lettera vogliamo segnalare che il numero di persone senza alcuna sistemazione alloggiativa dignitosa e sicura e alcun riscaldamento – cosa non secondaria viste le temperature di questi giorni – sta aumentando di giorno in giorno. Sono tanti. Le ragioni sono diverse, così come i profili delle persone che si trovano a subire questa grave violazione del diritto fondamentale alla casa: c’è chi è italiano e chi immigrato, chi viene da lunghe esperienze di grave marginalità e chi si trova per la prima volta a vivere in questa condizione, chi ha problematiche anche gravi di salute (pregresse o causate proprio dalla vita di strada), chi ha un permesso di soggiorno solido e solo qualcuno che è irregolare, c’è persino chi ha un lavoro e un reddito ma non riesce a trovare nessuno che gli affitti almeno una stanza e trovare un appartamento in affitto è impossibile: dorme all’aperto e da qui si reca al lavoro. Senza una casa si perde anche il lavoro. Il venir meno della casa è l’avvio del degrado.

Oltre coloro che dormono all’addiaccio dobbiamo considerare le tantissime persone che vivono in situazioni abitative estremamente precarie: ospitati da amici e/o connazionali in appartamenti sovraffollati, a volte a titolo gratuito, a volte dovendo corrispondere cifre anche molto elevate pur di non finire all’addiaccio; altri che non riescono ad avere un regolare contratto di affitto perché il proprietario preferisce percepire soldi in nero e non tassati, senza considerare non solo la violazione della legge ma anche le gravi ripercussioni che questo ha sull’ottenimento o il mantenimento dei documenti. Consideriamo anche ciò che è a tutti noto: il mercato non offre più appartamenti in affitto.

Dobbiamo ragionare in termini di umanità, di rispetto dei diritti fondamentali delle persone e anche di progressiva riduzione di discriminazioni e diseguaglianze. Questo ci richiede la legge. E se più eguali saremo anche più sicuri.

Abbiamo a riferimento un quadro giuridico preciso: la Dichiarazione universale dei diritti umani, 25, comma 1, “Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, (..)”; il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (Irescr), sottoscritto e ratificato dall’Italia, che pone obblighi al Governo italiano e al Parlamento. In particolare citiamo Irescr all’articolo 11: lo Stato italiano si è impegnato ad assicurare abitazioni adeguate a tutti coloro che sono presenti sul territorio. Impegno in troppi casi evidentemente disatteso. Perciò riteniamo pertinente rivolgerci al Signor Prefetto, anche in considerazione dei suoi poteri in caso di emergenza abitativa, quale certamente è la situazione sopra rappresentata.

Allo stesso tempo solo nel comune di Parma si conta un numero enorme di alloggi tenuti vuoti – addirittura di 16000 unità, secondo una stima autorevole – quando potrebbero essere utilizzati. Numeri altissimi si riscontrano anche in provincia (pur escludendo dal conteggio le seconde abitazioni).

Estendiamo l’appello anche ai Sigg. Sindaci e alle Associazioni di proprietari di alloggi.

Chiediamo anche ai privati, alle famiglie, agli enti religiosi e laici di mettere a disposizione posti letto e soluzioni abitative.

L’indisponibilità di appartamenti, persino di posti a pagamento in appartamento, e il lasciare che persone dormano all’addiaccio non è civiltà, è barbarie.

Le Associazioni:

Casa della pace
Ciac
Rete diritti in casa
Parma per gli altri
Associazione Al-Amal Aps
Mani
Coordinamento per la Democrazia Costituzionale
Donne in nero
Libera
Associazione Amicizia Italia Birmania Giuseppe Malpeli
Potere al popolo
Centro interculturale di Parma e Provincia
Tuttimondi
Coordinamento Pace e Solidarietà
Arte Migrante Parma
ASD La Paz Antirazzista
Azione Cattolica
Rete Kurdistan
Parma città pubblica
Gruppo Mission
Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII – Parma
Casa delle donne

TUTTE LE MIE COSE BELLE SONO RIFATTE di Fumettibrutti (Ed. Feltrinelli Comics, 2024) [GRAPHIC NOVEL]

Gli occhiali a forma di cuore, indossati dallo scheletro in copertina, non devono trarre in inganno. La scelta radicale dell’autrice/protagonista di “rifarsi completamente”, un pezzo alla volta, è stata per lei, ma lo è anche per noi che leggiamo, un lento calvario. E anche accettando che non ci sia nulla di eroico nel voler corrispondere al proprio desiderio, è indubbio che serva molta determinazione e la consapevolezza che il prezzo da pagare è alto.
“Tutte le mie cose belle sono rifatte”, efficace romanzo di formazione queer, non è il primo fumetto in cui Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti, racconta che cosa significa vivere una disforia di genere. Una definizione che le è venuta in aiuto tardi ma che le è servita per dare un nome al proprio malessere fatto di inadeguatezza, solitudine, amori finiti male o non corrisposti, in una continua ricerca di accettazione. Gli altri sono “Romanzo esplicito”, “P. La mia adolescenza trans” e “Anestesia”, una trilogia in cui l’autrice si racconta in una sorta di autoconfessione affrontata però con l’intenzione di non addolcire la realtà. “Vi avverto, ci andrò giù pesante” è la frase con cui ci accoglie. E se mettere alla prova era una delle premesse, è indubbio che sia stata mantenuta.
Non è facile rivivere con lei il percorso che ha affrontato. Aiuta però, in questo, la sua lucida capacità di rielaborare i fatti e di rialzarsi dopo i fallimenti; e aiuta sapere che intorno a lei una famiglia allargata non le è mai venuta a mancare. Ha molta forza Fumettibrutti, ​​come dimostra anche il suo segno, autorevole e poetico allo stesso tempo.
Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma

PROIEZIONE DI “VOGLIAMO ANCHE LE ROSE” di Alina Marazzi il 17/10/2024 ad @artlab_oltretorrente

Negli anni ‘70 il movimento femminista in Italia si riappropria dei discorsi legati al corpo, alla sessualità, all’autodeterminazione come di un processo che si fa assieme tra donne e soggettività non maschie. In questi anni vengono condivisi saperi e pratiche radicali che mettono in crisi l’ordine patriarcale che pone le sue radici nella famiglia tradizionale.
“Vogliamo anche le rose” racconta del periodo in cui vennero approvate la legge sull’aborto e sul divorzio attraverso le parole di alcune compagne che riescono a definire lucidamente le dinamiche della propria oppressione e trasformarla in forza.

Come siamo mess3 a Parma nel 2024?
A seguire chiacchiere sul diritto alla salute sessuale e riproduttiva in città (birrette incluse).
Non mancare!

NO! Ancora una morte, ancora una narrazione sbagliata

La morte di Silvana Bagatta, uccisa con un colpo di fucile da suo marito, il 15 maggio, nella nostra città, non è una tragedia privata, ma un femminicidio.

Silvana Bagatta è, purtroppo, l’ennesima dimostrazione di quanto, in relazioni distorte e patologiche, il “possesso” possa portare un marito ad arrogarsi il diritto di prendere la vita della propria moglie. E allo stesso tempo è segno di quanto sia difficile misurarsi oggi con la malattia. Di quanto le strutture sociosanitarie e la società più in generale lascino i caregiver e tutte le persone che si prendono cura di qualcunƏ in una solitudine disperata.

Un problema sociale immenso di cui la politica non si assume il carico e di cui si parla troppo poco e quando se ne parla, lo si fa male. La morte di Silvana Bagatta, infatti, ci è stata raccontata in un modo sbagliato. Perché parlare di “gesto d’amore” o di “pietà” in casi simili è inaccettabile. Così come sono inaccettabili l’assunzione del punto di vista dell’omicida e le illazioni sullo stato di salute della vittima.

La narrazione del “gesto d’amore”, non fa che riprodurre l’idea atavica e consolidata che la cura sia “roba” da donne, capaci, in silenzio, di assumersi il carico indicibile del dolore dell’accudimento. Una capacità che pare non poter appartenere in uguale misura agli uomini. Dalle donne ci si aspetta il “naturale” sacrificio di sé nella cura dell’altrƏ, l’uomo invece, può compiere scelte diverse tra cui ricorrere al “delitto di pietà”. È evidente come siamo sempre e ancora dentro dinamiche di un potere maschile e un dovere femminile che devono essere scardinate.

Tanto più che i numeri parlano chiaro e ci dicono che la vicenda di Silvana Bagatta non è solo privatamente tragica, ma sintomatica di una cultura che ha la tendenza a negare che le morti come la sua siano da considerarsi femminicidi attribuibili ad una cultura patriarcale.

Inoltre, costruire articoli sulla dinamica, aggiungendo dettagli per particolarizzarla significa anche scegliere di inchiodarla alla dimensione privata per sottrarla al dibattito politico.

Per questo la Casa delle Donne si oppone alla narrazione di alcuni articoli usciti in questi giorni in merito al femminicidio di Silvana Bagatta, perché le parole sono politiche e sceglierle vuol dire schierarsi a favore o contro la riproduzione di stereotipi che sono alla base della violenza stessa.

E significa anche scegliere di non volerla cambiare.