​​LINFA di Carlotta Cerquetti (2018) [Documentario]

E’ un documentario meta-musicale, LINFA. Presentato al Festival del Cinema di Roma nel 2018, ha come co-protagonista il Pigneto, il quartiere popolare romano roccaforte della Resistenza durante la II Guerra Mondiale e indimenticabile ambientazione dei film di Rossellini e Pasolini. Negli anni, la zona ha accolto immigrati, studenti, artisti, e ha visto nascere un movimento femminista e transfemminista controculturale. Una comunità di artiste, musiciste, performer, provenienti da realtà diverse che hanno trovato qui lo spazio per vivere liberamente la propria identità e la propria arte. Lola Kola, stravagante performer transgender, Maria Violenza e il suo synth punk dalle melodie arabeggianti, le balcaniche Opa Opa con il loro elettro punk mischiato al folclore, le No Choice che uniscono musica e parola, la no wave di Lady Maru, e poi Lilith Primavera, Industria Indipendente e infine Silvia Calderoni, l’artista romagnola arrivata a Roma per amore, con la compagnia Motus, per uno spettacolo al Teatro Valle occupato.
“Sono venuta ad abitare al Pigneto nel 1999 quando ancora non era un quartiere gentrificato e non si parlava ancora di scena artistica. Poi l’ho visto crescere, esplodere, implodere”, “…è un quartiere pieno di circoli Arci importanti per l’underground romano, il Fanfulla, il Verme, 30 Formiche…”, “c’è possibilità di azione, ci sono menti differenti qui”. Tutte artiste che si sono messe a disposizione del luogo e della gente che ci abita perché stare al Pigneto è come vivere in uno stesso villaggio, è condividere la stessa attitudine alla vita; è mettere in comune la coscienza politica che ti porti addosso. Un mondo, soprattutto esistenziale, in cui sperare in una vita autentica, magari sedute ai tavoli assolati della Libreria Tuba.
Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma

25 aprile. dietro le linee nemiche. Rai Radio [podcast ]

Il podcast di RaiPlay Sound racconta, in tre episodi, la vita e le imprese della partigiana Paola del Din. Nata a Pieve di Cadore nel 1923 è stata insignita della Medaglia d’Oro al Valor Militare nel 1957.
Molto legata al fratello Renato, di un anno maggiore di lei, e fondatore della brigata Osoppo-Friuli, ne raccoglie l’eredità alla sua morte. Renato, infatti, viene ucciso dai nazisti a Tolmezzo durante un assalto a una caserma repubblichina, nella notte tra il 24 e il 25 aprile del 1944. Il dolore di Paola si trasforma in un maggior impegno nella lotta antifascista. Col nome di battaglia “Renata”, dopo i primi incarichi come staffetta e informatrice, rischia la vita per raggiungere gli alleati a Firenze, portando loro importanti documenti segreti. Chiede poi di seguire un corso per paracadutisti per poter tornare al nord, ancora occupato dai nazifascisti. Addestrata dalle forze britanniche a San Vito dei Normanni diventa la prima donna paracadutista militare italiana, prendendo parte a undici voli di guerra. Alla vigilia della Liberazione si fa paracadutare in Friuli per una missione speciale ma atterra in malo modo fratturandosi una caviglia. Claudicante riesce comunque a portare a termine il suo compito e, fino alla Liberazione, continua ad attraversare le linee di combattimento per portare messaggi agli alleati che avanzano.
Paola del Din ha oggi 101 anni e, nel podcast, sono state inserite alcune sue testimonianze.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma

COMUNIONE. La ricerca femminile dell’amore, di bell hooks, Il Saggiatore 2023

L’ultimo saggio di bell hooks tradotto in italiano è un manifesto politico dell’amore.

Perseguire la libertà significa dimenticare l’amore?

hooks resiste a questa idea mescolando la propria radicalità con i valori “fuori moda” assorbiti in famiglia.

Il risultato è un potente inno contro la paura. Una inaspettata quanto impeccabile risposta all’inconciliabilità tra rivoluzione femminista e desiderio d’amore; l’affermazione che non si escludono reciprocamente. Il grido che le vicende individuali sono pubbliche e politiche e che, proprio per questo, non possono prescindere dall’amore.

Leggere questo libro vuol dire fare abbondanti scorte di: coraggio, autoconsapevolezza, voglia di amare.

Consigliato da Martina della Casa delle donne di Parma

VITE PARALLELE di WANURI KAHIU (2022) [Film]

La regista Wanuri Kahiu è stata insignita del premio Città di Venezia nel 2011. Premio che ogni anno, in occasione della Mostra internazionale d’arte cinematografica, viene assegnato a un/a cineasta dell’Africa o di altri continenti del sud del mondo. Il film Vite Parallele, pone una domanda: “cosa sarebbe successo se”, questione che apre a riflessioni sul destino e sul libero arbitrio. La realtà delle alternative, tanto usata in altri film a tema e.g. Sliding Doors, è l’elemento dominante utilizzato dalla regista. La protagonista Nathalie, interpretata dalla talentuosa Lili Reinhart, una volta ottenuta la laurea, vuole realizzare il suo sogno nel cassetto: quello di trasferirsi a Los Angeles insieme alla sua amica Cara, per farsi strada nel mondo dell’animazione. Una notte di sesso con il suo migliore amico Gabe biforca il suo destino: in un caso si ritrova con un test di gravidanza positivo che la costringe a vivere con i genitori per crescere il figlio come madre single; nell’altro, Nathalie non è incinta e continua la sua vita verso il successo e l’amore. Il racconto delle due vite è dinamico e gradevole con riprese e movimenti di scena alternati e con una sottotrama romantica che non dimentica l’ottica inclusiva. La regista ironizza sottilmente sugli stereotipi di genere, sulla presunta dicotomia tra la carriera e la maternità. Più il film si inoltra nei meandri della trama più le due realtà divergono ma presentano diversi punti di contatto in cui in modo sottile si chiarisce che la gravidanza non può e non deve influenzare il percorso umano e lavorativo di una donna. Non sentiamo mai la fatica di Nathalie nel crescere un figlio quasi da sola, né percepiamo gli inevitabili sacrifici economici a cui è costretta una stagista in una metropoli come Los Angeles.
Un’’opera gradevole che si distingue rispetto alla media dei film originali delle piattaforme per la sua vitalità e per la leggerezza con cui si approccia a tematiche complesse e delicate.
Consigliato da Patrizia della Casa delle donne di Parma

Venerdì 19 aprile ore 18.30 DONNA VITA E LIBERTA’

Presentazione del libro “JIN JIYAN AZADÎ La rivoluzione delle donne in Kurdistan” Curato dall’istituto
Andrea Wolf
Voci di venti donne rivoluzionarie, lettere memorie private, pagine di diario che sono l’impronta della lotta
e della resistenza kurda. Un progetto politico che scardina l’origine del patriarcato.
Sarà presente Claudia Zeryan del Comitato Jineoloji Europa
In collegamento Compagne del YPJ in collegamento video dal Rojava
Conversa con le partecipanti Roberta Maggiali

Iniziativa curata da Rete Kurdistan Parma, Donne in Nero Parma e Casa delle Donne Parma.

LA CANDIDATA IDEALE di Haifaa al-Mansour (‘2019) [Film]

Haifaa al-Mansour è stata, oltre che produttrice e sceneggiatrice, la prima regista donna dell’Arabia Saudita. La prima a presentare alla Mostra internazionale del cinema di Venezia due lungometraggi sulle vite delle donne saudite: “La bicicletta verde” (2012) e, in concorso, “La candidata ideale” (2019). Quest’ultimo è incentrato sulla figura di Maryam, una dottoressa giovane e competente, che, poichè donna, ogni giorno deve guadagnarsi con fatica il rispetto dei colleghi e l’accettazione dei pazienti maschi. Cogliendo l’opportunità che un disguido burocratico le offre, decide di candidarsi alle elezioni del consiglio municipale con l’obiettivo di riparare la strada che conduce all’ospedale dove lavora. Un semplice gesto che è, in quel contesto, sfida al sistema e a se stessa. Con l’aiuto riluttante dapprima e l’entusiasmo solidale poi delle sorelle minori, la sua campagna elettorale prende slancio.
Haifaa al-Mansour sostiene che : “La cosa più difficile per le donne ora è guardare oltre le antiquate convenzioni sociali e i modesti obiettivi che si erano prefissate precedentemente, mandare in frantumi i tabù che le attanagliano e decidere di tracciare nuove vie per se stesse e le loro figlie. E’ evidente lo sforzo immenso che comporterà liberarsi dal sistema che ci ha deliberatamente ostacolate così a lungo.”
“La candidata ideale” non è un film di accesi contrasti, lotte e furori. La regista sceglie un registro “medio”, le vicende si dipanano pianamente. Ma quello di Maryam non è un percorso di compromessi, semmai di mediazioni utili a preservare il senso “radicale” della sua presenza e delle sue buone ragioni. Perciò l’indignazione che la motiva e la sostiene non l’acceca, ma le consente di vedere la possibilità di uno spazio di consapevolezza femminile, forza propositiva e cambiamento nell’intrecciarsi delle relazioni e delle consuetudini tra donne, nella bellezza e cultura comunque presente nel suo mondo: paesaggio scabro, musica antica, vesti sontuose sotto il nero dello hijab.

Consigliato da Enrica della Casa delle donne di Parma

SISTERHOOD di Domiziana De Fulvio (2020) [Film]

SISTERHOOD è il documentario d’esordio di Domiziana De Fulvio, regista e ex cestista che, a partire dall’idea di sorellanza, comunità e partecipazione, mette in dialogo alcune esperienze nate dallo sport in differenti luoghi del pianeta. Roma, Beirut e New York sono le tre città che ospitano le squadre amatoriali di basket femminile di cui si parla.

SISTERHOOD. “E’ una parola potente”, dice una delle giocatrici della “Ladies Who Hoop” di NY (Donne che fanno canestro), che poi aggiunge: “Ho due sorelle, ma nella cultura nera, tutt* sono mia sorella, mio fratello, nel senso che insieme sei per lo scontro, per la causa, per la lotta”. “E’ un legame, è la base di tutto”.

Per “Le Bulle” di Roma, squadra femminista e delle tre la più politicizzata, “sisterhood” è “perché non ci sia competizione, distinzione tra più brave e meno brave; è perché ciascuna trovi il suo ruolo nella squadra, perché la voglia di giocare prescinda dal risultato che non è per forza vincere la partita”. “E’ perché giocare aggiunga all’essere amiche un altro pezzo di intimità”.

Per la squadra di Beirut invece, composta da donne palestinesi, libanesi e siriane, “è la possibilità di aprirsi alle differenze, di conoscere l’altra; è quella di “lasciare a casa i telefonini”, “di essere un esempio per altre” e, per chi è costretta a vivere in un campo profughi, “la possibilità di viaggiare”.

Dichiarazioni inclusive, che riassumono alcune delle motivazioni che le hanno portate a scegliere lo sport come momento di aggregazione, come opportunità per affrancarsi dalle regole, dagli stereotipi che condizionano le loro vite o semplicemente per seguire la propria passione. E alla luce del sole, perché anche occupare lo spazio pubblico, storicamente maschile, è di fondamentale importanza.

Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma