PAOLA AGOSTI, il mondo in uno scatto di Claudia Pampinella (2022) [DOCUMENTARIO] -Raiplay-

‘Riprendiamoci la vita. Immagini del movimento delle donne’ è un importante libro fotografico sul femminismo degli anni ’70. Autrice di quelle immagini è Paola Agosti, la protagonista del bel documentario che Claudia Pampinella ha sceneggiato e diretto con l’intenzione di valorizzare l’opera di una delle grandi fotografe del ‘900 italiano. Nata a Torino nel ’47 in una famiglia borghese e antifascista – il padre magistrato e dirigente di Giustizia e Libertà, la madre traduttrice di Jane Austen, Henry James e George Eliot – diciannovenne decide di andare a Parigi, la città cosmopolita in cui matura il suo interesse per il mondo e la decisione di diventare fotografa. È l’editore Savelli a chiederle, negli anni caldi della protesta femminista, di documentare il movimento delle donne. Non è una militante, ma l’essere donna le consente di osservare il movimento dall’interno. Grazie a questa vicinanza molti dei suoi scatti faranno la storia. La collaborazione ventennale con ‘Noi donne’ completa il suo rapporto con il femminismo. Torino, Parigi, infine Roma, a cui sono legate due donne importanti della sua vita: Augusta Conchiglia, giornalista e fotografa che le insegna il mestiere, e Caterina, la ‘custode del tempio’, che prendendosi cura di lei e della casa, le permette di dedicarsi pienamente al suo lavoro. Un lavoro che dal 1969 in poi la porta nel Cile di Allende, negli Stati Uniti della controcultura, alla Conferenza di Tunisi dei Paesi non allineati, nel Portogallo della rivoluzione dei garofani, nel Sudafrica dell’apartheid. E poi in giro per l’Italia a documentare le lotte sindacali e politiche, senza dimenticarsi della sua terra, il Piemonte, di cui racconta la fine della civiltà contadina, ‘il mondo dei vinti’, e l’emigrazione verso l’Argentina. Una carriera ricchissima, raccolta in un libro autobiografico dedicato al suo ‘lungo viaggio’ e in un archivio curato in prima persona, luogo di memoria e testimonianza, per lei ‘il valore ultimo della fotografia’.
Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma

UNA STORIA DELLE DONNE IN 100 OGGETTI di Annabelle Hirsch (ed. Corbaccio, 2023) [LIBRI]

“Con ‘Una storia delle donne in 100 oggetti’ desidero condurre il lettore attraverso il passato come lungo un corridoio all’interno del quale, ogni tanto, apro una porta qua e là, prelevo un reperto da uno scaffale, ne metto in luce un aspetto o narro una storia.”
L’originale libro della Hirsch vuole creare, con una selezione assolutamente soggettiva, un universo fatto di donne e degli oggetti a esse appartenuti, un percorso al femminile nei secoli corredato da immagini e descrizioni: la statua di Hatshepsut (1479-1458 a.C.) ci racconta la storia della figlia di Thutmose I che, per questioni dinastiche, resse il regno d’Egitto per vent’anni. La statua la rappresenta donna (il seno) e uomo (la testa e il copricapo). La corona di monaca (XII sec.) che Ildegarda di Bingen faceva indossare alle sue consorelle andando contro le regole dell’epoca che le voleva col capo rasato. La machine (XVIII sec.) manichino ostetrico usato dalla signora du Cordray per istruire le levatrici dei villaggi. E ancora la copertina di “Le nouvel observateur”, manifesto delle 343 sgualdrine (5 aprile 1971) che ha spinto alla legalizzazione dell’aborto in Francia; “La donna rasata di Chartres”, fotografia di Robert Capa del 1944 che ritrae una delle migliaia di collaborazioniste, madre di una bambina avuta da un soldato tedesco. L’oggetto sicuramente più toccante è “La sacca di Ashley” (1852/1921) che racconta l’aspetto più tragico del commercio degli schiavi negli Stati Uniti: la divisione delle famiglie e, in particolar modo, la separazione delle madri dai propri figli.
“Questa mia storia delle donne non è né completa né definitiva e nemmeno si prefigge di esserlo. Vuole soprattutto solleticare il desiderio di continuare a rovistare, di prelevare altri oggetti dai ripiani della storia.”
Annabelle Hirsch lavora come giornalista per Frankfurter Allgemeine e altre riviste.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma

Sono PIENA! Il podcast che alza la voce (2023) di Dalila Bagnuli [PODCAST] disponibile anche su Youtube

Sono PIENA! è un podcast che restituisce centralità a tutti quei corpi che sono stati invisibilizzati e marginalizzati dalla società.
Body Positivity nella sua vera essenza promuove l’amore verso il proprio corpo a prescindere dalle norme sociali o dai canoni di bellezza vigenti. Ma è un concetto spesso strumentalizzato, a partire dai brand e dall’industria della moda che, facendo leva sul senso di inadeguatezza, generano insicurezze per poi venderne la risoluzione.
L’accettazione di tutti i corpi dovrebbe essere una base solida su cui poggiare la lotta contro ogni tipo di violenza ma all’interno del sistema capitalista subisce un progressivo svuotamento politico.
La grassofobia interiorizzata si manifesta in numerosi atti di ostilità fino a diventare il motore di discriminazioni sistemiche.
La battaglia per la liberazione, secondo il movimento della fat acceptance, deve comprendere tuttə. È necessario partire dalla decostruzione del proprio sguardo, riflettere sulla radice delle ingiustizie, comprendere i vari livelli di oppressione e innescare un discorso collettivo che adotti un approccio realmente intersezionale.
Il diritto all’autodeterminazione è importante ma senza un ripensamento delle dinamiche di potere rimane puro individualismo. La razzializzazione e l’ipersessualizzazione delle persone nere, l’infantilizzazione delle persone con disabilità, lo stigma delle mestruazioni e molto altro…
È un podcast che rivendica la narrazione del proprio corpo e che riconosce l’importanza della rappresentazione di tutte le soggettività senza stereotipi o pregiudizi.
E tu di cosa sei piena?
Consigliato da Denise della Casa delle Donne di Parma

AMORE, SESSO E ALTRE COSE COSÌ (2022) di Fiore Manni e Elena Peduzzi. Ed. Rizzoli [Letteratura per l’adolescienza]

Sabrina legge un annuncio in bacheca e non può credere ai suoi occhi: la preside ha cancellato le lezioni di educazione sessuale dal programma. Proprio ora che a scuola tuttɜ sembrano impazzitɜ per l’argomento e nessuno sa più come si sveglierà domani, che emozioni proverà, qual è il confine tra amicizia e amore. Lei e i suoi amici, Frida, Enea e Kristos, hanno un’idea geniale. Raccolgono di nascosto i dubbi imbarazzanti degli studenti su questioni di amore, sesso e altre cose così e, grazie all’aiuto di professioniste, fondano un giornale clandestino che si propone di dare le risposte di cui hanno bisogno. Come si gestisce la prima cotta? Perché il corpo cambia, e come bisogna prendersene cura? Che cos’è il movimento LGBT+? Perché è importante saper dire di no? Questi argomenti saranno tutti affrontati, e molto altro si leggerà tra le pagine del loro giornalino (e di questo libro). Il risultato è un libro ben fatto, dolce e ironico. Indicato per ragazzi e ragazze dai 10 anni in su, descrive tutto quello che riguarda sessualità, amore e i diversi orientamenti e identità, con un approccio educativo sempre delicato e attento nei confronti delle vulnerabilità e della confusione tipica di quell’età. Le autrici, Fiore Manni ed Elena Peduzzi, ci regalano un libro metà romanzo e metà manuale, indispensabile per sopravvivere a quell’uragano di emozioni e domande che prima o poi travolge tuttɜ. Con la consulenza di un’urologa, una ginecologa e una psicologa.
Consigliato da Patrizia della Casa delle Donne

ALFONSINA E LA STRADA di Simona Baldelli Ed. Sellerio 2021 [LIBRO]

La fascetta rosa che abbraccia il libro cita “Un romanzo coinvolgente e a tratti fiabesco. Le imprese di Alfonsina Strada, ciclista rivoluzionaria che per prima partecipò al Giro d’Italia nel 1924”.
La triste sintesi in cui la storia “ufficiale” relega la prima grande ciclista italiana era nota, ma le pagine di Simona Baldelli, con l’astuzia saggia del romanzo, hanno ampliato gli orizzonti e reso la sua vita un racconto vasto, complesso e avvincente, quello che tutte le grandi biografie meritano.
Nelle pagine di questo libro la “matta”, il “diavolo in gonnella” – epiteti con cui era sminuita dai suoi contemporanei – diventa uno dei personaggi più rivoluzionari della storia dello sport del nostro paese. Forse il più rivoluzionario. Una donna. La prima.
La prima donna a partecipare al Giro d’Italia, sola tra uomini. Il racconto è da mangiarsi tutto d’un fiato. Storia di fatiche, umiliazioni, sogni, limiti superati, ferite fisiche e morali patite. Bellezza.
Ha sbaragliato le carte in tavola l’Alfonsina. Ha sbaragliato le carte della sua esistenza individuale, delle rassicuranti prigioni sociali e dei pregiudizi di ogni tipo.
Sono pagine quelle di Simona Baldelli di una bellezza disarmante, sono saliva sputata al fianco, fame e sete, salite mangiate a suon di sorrisi e lacrime, rabbia per il mondo che si tinge di nero e interrompe i sogni. Sono la fragranza della miglior gioia. Bellezza piena ed autentica, senza necessità di dissimulazione.
Ricordiamo oggi, attraverso la lettura di queste pagine, i cento anni dalla partecipazione della prima donna al Giro d’Italia (10 maggio-1 giugno 1924).
Consigliato da Sara della Casa delle Donne di Parma

​​LINFA di Carlotta Cerquetti (2018) [Documentario]

E’ un documentario meta-musicale, LINFA. Presentato al Festival del Cinema di Roma nel 2018, ha come co-protagonista il Pigneto, il quartiere popolare romano roccaforte della Resistenza durante la II Guerra Mondiale e indimenticabile ambientazione dei film di Rossellini e Pasolini. Negli anni, la zona ha accolto immigrati, studenti, artisti, e ha visto nascere un movimento femminista e transfemminista controculturale. Una comunità di artiste, musiciste, performer, provenienti da realtà diverse che hanno trovato qui lo spazio per vivere liberamente la propria identità e la propria arte. Lola Kola, stravagante performer transgender, Maria Violenza e il suo synth punk dalle melodie arabeggianti, le balcaniche Opa Opa con il loro elettro punk mischiato al folclore, le No Choice che uniscono musica e parola, la no wave di Lady Maru, e poi Lilith Primavera, Industria Indipendente e infine Silvia Calderoni, l’artista romagnola arrivata a Roma per amore, con la compagnia Motus, per uno spettacolo al Teatro Valle occupato.
“Sono venuta ad abitare al Pigneto nel 1999 quando ancora non era un quartiere gentrificato e non si parlava ancora di scena artistica. Poi l’ho visto crescere, esplodere, implodere”, “…è un quartiere pieno di circoli Arci importanti per l’underground romano, il Fanfulla, il Verme, 30 Formiche…”, “c’è possibilità di azione, ci sono menti differenti qui”. Tutte artiste che si sono messe a disposizione del luogo e della gente che ci abita perché stare al Pigneto è come vivere in uno stesso villaggio, è condividere la stessa attitudine alla vita; è mettere in comune la coscienza politica che ti porti addosso. Un mondo, soprattutto esistenziale, in cui sperare in una vita autentica, magari sedute ai tavoli assolati della Libreria Tuba.
Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma

25 aprile. dietro le linee nemiche. Rai Radio [podcast ]

Il podcast di RaiPlay Sound racconta, in tre episodi, la vita e le imprese della partigiana Paola del Din. Nata a Pieve di Cadore nel 1923 è stata insignita della Medaglia d’Oro al Valor Militare nel 1957.
Molto legata al fratello Renato, di un anno maggiore di lei, e fondatore della brigata Osoppo-Friuli, ne raccoglie l’eredità alla sua morte. Renato, infatti, viene ucciso dai nazisti a Tolmezzo durante un assalto a una caserma repubblichina, nella notte tra il 24 e il 25 aprile del 1944. Il dolore di Paola si trasforma in un maggior impegno nella lotta antifascista. Col nome di battaglia “Renata”, dopo i primi incarichi come staffetta e informatrice, rischia la vita per raggiungere gli alleati a Firenze, portando loro importanti documenti segreti. Chiede poi di seguire un corso per paracadutisti per poter tornare al nord, ancora occupato dai nazifascisti. Addestrata dalle forze britanniche a San Vito dei Normanni diventa la prima donna paracadutista militare italiana, prendendo parte a undici voli di guerra. Alla vigilia della Liberazione si fa paracadutare in Friuli per una missione speciale ma atterra in malo modo fratturandosi una caviglia. Claudicante riesce comunque a portare a termine il suo compito e, fino alla Liberazione, continua ad attraversare le linee di combattimento per portare messaggi agli alleati che avanzano.
Paola del Din ha oggi 101 anni e, nel podcast, sono state inserite alcune sue testimonianze.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma

COMUNIONE. La ricerca femminile dell’amore, di bell hooks, Il Saggiatore 2023

L’ultimo saggio di bell hooks tradotto in italiano è un manifesto politico dell’amore.

Perseguire la libertà significa dimenticare l’amore?

hooks resiste a questa idea mescolando la propria radicalità con i valori “fuori moda” assorbiti in famiglia.

Il risultato è un potente inno contro la paura. Una inaspettata quanto impeccabile risposta all’inconciliabilità tra rivoluzione femminista e desiderio d’amore; l’affermazione che non si escludono reciprocamente. Il grido che le vicende individuali sono pubbliche e politiche e che, proprio per questo, non possono prescindere dall’amore.

Leggere questo libro vuol dire fare abbondanti scorte di: coraggio, autoconsapevolezza, voglia di amare.

Consigliato da Martina della Casa delle donne di Parma

VITE PARALLELE di WANURI KAHIU (2022) [Film]

La regista Wanuri Kahiu è stata insignita del premio Città di Venezia nel 2011. Premio che ogni anno, in occasione della Mostra internazionale d’arte cinematografica, viene assegnato a un/a cineasta dell’Africa o di altri continenti del sud del mondo. Il film Vite Parallele, pone una domanda: “cosa sarebbe successo se”, questione che apre a riflessioni sul destino e sul libero arbitrio. La realtà delle alternative, tanto usata in altri film a tema e.g. Sliding Doors, è l’elemento dominante utilizzato dalla regista. La protagonista Nathalie, interpretata dalla talentuosa Lili Reinhart, una volta ottenuta la laurea, vuole realizzare il suo sogno nel cassetto: quello di trasferirsi a Los Angeles insieme alla sua amica Cara, per farsi strada nel mondo dell’animazione. Una notte di sesso con il suo migliore amico Gabe biforca il suo destino: in un caso si ritrova con un test di gravidanza positivo che la costringe a vivere con i genitori per crescere il figlio come madre single; nell’altro, Nathalie non è incinta e continua la sua vita verso il successo e l’amore. Il racconto delle due vite è dinamico e gradevole con riprese e movimenti di scena alternati e con una sottotrama romantica che non dimentica l’ottica inclusiva. La regista ironizza sottilmente sugli stereotipi di genere, sulla presunta dicotomia tra la carriera e la maternità. Più il film si inoltra nei meandri della trama più le due realtà divergono ma presentano diversi punti di contatto in cui in modo sottile si chiarisce che la gravidanza non può e non deve influenzare il percorso umano e lavorativo di una donna. Non sentiamo mai la fatica di Nathalie nel crescere un figlio quasi da sola, né percepiamo gli inevitabili sacrifici economici a cui è costretta una stagista in una metropoli come Los Angeles.
Un’’opera gradevole che si distingue rispetto alla media dei film originali delle piattaforme per la sua vitalità e per la leggerezza con cui si approccia a tematiche complesse e delicate.
Consigliato da Patrizia della Casa delle donne di Parma

LA CANDIDATA IDEALE di Haifaa al-Mansour (‘2019) [Film]

Haifaa al-Mansour è stata, oltre che produttrice e sceneggiatrice, la prima regista donna dell’Arabia Saudita. La prima a presentare alla Mostra internazionale del cinema di Venezia due lungometraggi sulle vite delle donne saudite: “La bicicletta verde” (2012) e, in concorso, “La candidata ideale” (2019). Quest’ultimo è incentrato sulla figura di Maryam, una dottoressa giovane e competente, che, poichè donna, ogni giorno deve guadagnarsi con fatica il rispetto dei colleghi e l’accettazione dei pazienti maschi. Cogliendo l’opportunità che un disguido burocratico le offre, decide di candidarsi alle elezioni del consiglio municipale con l’obiettivo di riparare la strada che conduce all’ospedale dove lavora. Un semplice gesto che è, in quel contesto, sfida al sistema e a se stessa. Con l’aiuto riluttante dapprima e l’entusiasmo solidale poi delle sorelle minori, la sua campagna elettorale prende slancio.
Haifaa al-Mansour sostiene che : “La cosa più difficile per le donne ora è guardare oltre le antiquate convenzioni sociali e i modesti obiettivi che si erano prefissate precedentemente, mandare in frantumi i tabù che le attanagliano e decidere di tracciare nuove vie per se stesse e le loro figlie. E’ evidente lo sforzo immenso che comporterà liberarsi dal sistema che ci ha deliberatamente ostacolate così a lungo.”
“La candidata ideale” non è un film di accesi contrasti, lotte e furori. La regista sceglie un registro “medio”, le vicende si dipanano pianamente. Ma quello di Maryam non è un percorso di compromessi, semmai di mediazioni utili a preservare il senso “radicale” della sua presenza e delle sue buone ragioni. Perciò l’indignazione che la motiva e la sostiene non l’acceca, ma le consente di vedere la possibilità di uno spazio di consapevolezza femminile, forza propositiva e cambiamento nell’intrecciarsi delle relazioni e delle consuetudini tra donne, nella bellezza e cultura comunque presente nel suo mondo: paesaggio scabro, musica antica, vesti sontuose sotto il nero dello hijab.

Consigliato da Enrica della Casa delle donne di Parma

SISTERHOOD di Domiziana De Fulvio (2020) [Film]

SISTERHOOD è il documentario d’esordio di Domiziana De Fulvio, regista e ex cestista che, a partire dall’idea di sorellanza, comunità e partecipazione, mette in dialogo alcune esperienze nate dallo sport in differenti luoghi del pianeta. Roma, Beirut e New York sono le tre città che ospitano le squadre amatoriali di basket femminile di cui si parla.

SISTERHOOD. “E’ una parola potente”, dice una delle giocatrici della “Ladies Who Hoop” di NY (Donne che fanno canestro), che poi aggiunge: “Ho due sorelle, ma nella cultura nera, tutt* sono mia sorella, mio fratello, nel senso che insieme sei per lo scontro, per la causa, per la lotta”. “E’ un legame, è la base di tutto”.

Per “Le Bulle” di Roma, squadra femminista e delle tre la più politicizzata, “sisterhood” è “perché non ci sia competizione, distinzione tra più brave e meno brave; è perché ciascuna trovi il suo ruolo nella squadra, perché la voglia di giocare prescinda dal risultato che non è per forza vincere la partita”. “E’ perché giocare aggiunga all’essere amiche un altro pezzo di intimità”.

Per la squadra di Beirut invece, composta da donne palestinesi, libanesi e siriane, “è la possibilità di aprirsi alle differenze, di conoscere l’altra; è quella di “lasciare a casa i telefonini”, “di essere un esempio per altre” e, per chi è costretta a vivere in un campo profughi, “la possibilità di viaggiare”.

Dichiarazioni inclusive, che riassumono alcune delle motivazioni che le hanno portate a scegliere lo sport come momento di aggregazione, come opportunità per affrancarsi dalle regole, dagli stereotipi che condizionano le loro vite o semplicemente per seguire la propria passione. E alla luce del sole, perché anche occupare lo spazio pubblico, storicamente maschile, è di fondamentale importanza.

Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma