RAGAZZE ELETTRICHE -The Power

Tratta dall’omonimo libro di Naomi Aldermann, la serie si sviluppa in un non meglio precisato mondo distopico nel quale le donne scoprono di possedere il controllo e il potere grazie ad una strana e preoccupante mutazione genetica. Riescono infatti a dominare l’elettricità attraverso una sorta di valvola collocata a livello delle clavicole. Nella prima stagione sono adolescenti di tutto il mondo ad avere la facoltà di produrre queste letali scariche elettriche. Un’elettricità in grado di ribaltare l’equilibrio del potere prestabilito e che dà loro modo di fuggire da situazioni di sottomissione, violenza sessuale, misoginia. L’intenzionale lentezza della narrazione è necessaria per descrivere le varie storie delle protagoniste, raccontate in parallelo. La serie resta per lo più fedele al libro, anche se con qualche piccolo cambiamento come l’ambientazione post Covid. Il mondo è cambiato e la rivoluzione delle adolescenti viene interpretata inizialmente come una nuova forma di pandemia. Il potere scatenato dall’elettricità rende le donne forti ma allo stesso tempo profondamente insicure. Le protagoniste sono Allie, una ragazza che si trincera dietro un mutismo provocato da un abuso; Tatiana, la moglie del premier moldavo, che non ama il suo ruolo; Roxy, la figlia illegittima e ambiziosa di un gangster londinese; infine Margot, nei panni della sindaca di Seattle che in un primo momento è legata alle logiche del potere maschile, ma che poi si ribella e combatte per le donne e per sua figlia Jos. Unico uomo protagonista è il giornalista nigeriano Tunde che si trova a raccontare il destino delle giovani attorno a lui, difendendole da un potere che corrompe tutto e tutti. La serie è girata a Londra, negli USA, in Nigeria, Arabia Saudita e Moldavia. Dal romanzo e dalla serie si comprende quanto il potere sia distopico sempre, e l’unica soluzione, l’unica utopia, sia un mondo basato sull’uguaglianza, sulla tolleranza e cooperazione.
Consigliato da Patrizia della Casa delle donne di Parma

GERTRUDE STEIN E LA GENERAZIONE PERDUTA

Valentina Grande e Eva Rossetti, già autrici di “Feminist Art”, fanno una nuova incursione nel mondo dell’arte per presentare ad un pubblico più vasto Gertrude Stein, importante intellettuale della prima metà del Novecento.
Nata nel 1874 in Pennsylvania da una ricca famiglia ebrea di origine tedesca, Stein, affascinata dalla cultura europea e con velleità artistiche, nel 1907 si trasferisce con il fratello Leo a Parigi. Qui, in Rue de Fleurus 27, ogni sabato sera, insieme alla compagna Alice B. Toklas, riceve nel suo salotto i più interessanti artisti dell’epoca: Henri Matisse, Ezra Pound, Pablo Picasso, Sherwood Anderson, Ernest Hemingway, Georges Braque, la generazione diventata adulta durante la prima guerra mondiale e da lei definita perduta. “Noi, generazione infranta dalla guerra, corrotti dalla disillusione, come potevamo dimenticare l’estasi delle sere a casa Stein” fa dire Valentina Grande a uno dei personaggi, raccontando così anche dell’influsso positivo che lei aveva su di loro: collezionando quadri o confrontandosi sulla scrittura come con Hemingway che le sottoponeva i testi, preoccupato di quello che avrebbe potuto scrivere sul suo conto. Un giudizio molto autorevole il suo che però non ha avuto il giusto riconoscimento. Tutti loro sono diventati famosi, non altrettanto lei che pure è stata in quel momento “anello di congiunzione tra arte e letteratura, fra America e Francia durante le Avanguardie del Novecento, tra passioni personali e questioni di genere”.
Solo una musa, un anfitrione? O una donna libera in grado di perseguire le proprie passioni facendo scelte non convenzionali? Il libro, con le belle illustrazioni di Eva Rossetti fedeli all’estetica del tempo, dà alcune risposte.
Consigliato da Letizia della Casa delle donne di Parma

LA BASTARDA DELLA CAROLINA

Questo libro è stato bandito dalle scuole americane per un certo periodo di tempo perché molto violento. Stephen King e sua moglie hanno fatto una campagna perché il libro venisse nuovamente inserito nelle biblioteche scolastiche e hanno pagato di tasca propria l’acquisto di un gran numero di copie da regalare alle scuole. La violenza viene descritta con pudore, ma è un pugno nello stomaco proprio per questo. Lo si deve leggere per poter ben comprendere quali sono le scie profonde che la violenza può lasciare in un soggetto abusato. Non sono solo le cicatrici o le ossa rotte a far male, ma anche l’idea di averlo meritato. Come se al mondo qualcuno potesse avere il diritto di trattare un’altra persona come se fosse un pupazzo rotto. Bone è una ragazza sveglia, una di quelle etichettate come “bastarda”, una dura, che vive circondata da una grande famiglia nella campagna della Carolina. Trascorre la sua vita in mezzo alle donne, innamorate, indaffarate, non è da sola. Intorno a lei c’è amore. Ma non basta per difenderla dagli assalti di un uomo che la rende complice delle sue violenze. Bone tace, e impedisce a chi le sta intorno di difenderla. E’ questo il motivo per il quale troppe volte le violenze sulle donne sfociano in tragedia: è quel silenzio che rende complici. Bone prova odio nei confronti del suo assalitore, ma non vuole parlare, perché si vergogna di quello che le sta accadendo. Sente in qualche modo di meritarlo. Non esistono il bene e il male, il bianco e il nero: esistono infinite sfumature di grigio, che vanno interpretate, comprese, condivise. Questo è il motivo per cui questo libro non va censurato, perché i ragazzi devono sapere che esiste un lato oscuro in ogni cosa e non si può far finta di non vederlo.
Consigliato da Patrizia della Casa delle donne di Parma

DOPPIO TAGLIO

Testo di Cristina Gamberi, adattamento di Marina Senesi, regia di Lucia Vasini , musiche originali di Tanita Tikaram, voci fuori campo di Filippo Solibello e Marco Ardemagni

Doppio Taglio è uno spettacolo di narrazione, recuperabile su Raiplay, che affronta la tematica della violenza contro le donne, distinguendosi per la scelta di uno sguardo trasversale: non il racconto della vittima, né quello di un testimone, né quello del carnefice ma la decostruzione dell’impianto lessicale e iconografico degli articoli presenti su giornali e web. Questi meccanismi comunicativi, che agiscono sotto traccia, sono in grado di plasmare la nostra percezione del fatto, diventando così un’arma a doppio taglio.

“Cercando di mettere il focus sul meccanismo utilizzato dai media, spiego dove lo vedo applicato tutte le volte, ovvero nell’iconografia della vittima, la donna è sempre rappresentata attraverso una soggettiva, come se l’aggressore fosse di fronte a lei, ma, allo stesso tempo, dietro una macchina fotografica, quindi noi lettori o spettatori, in modo inconsapevole adottiamo la prospettiva dell’assassino”.

Marina Senesi è un’attrice-autrice che si è sempre distinta per la capacità di fondere in un’unica cifra la forza dell’impegno e il gioco dell’ironia. Cristina Gamberi è ricercatrice e saggista, ideatrice di percorsi formativi nelle scuole sull’educazione al genere. Dal loro incontro è nata l’idea di riadattare per il palcoscenico una ricerca accademica, analizzando e decostruendo il lessico comunicativo usato nella diffusione delle notizie. Il tutto elaborato in una narrazione semplice ed immediata, capace di coinvolgere e sorprendere.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma

DAI NOSTRI CORPI SOTTO ATTACCO. ABORTO E POLITICA

La libertà di scelta e l’autodeterminazione delle donne sono state fortemente messe in discussione in questi anni, in Europa e nel mondo. La possibilità per le donne di interrompere la gravidanza, messa nuovamente sotto attacco da una serie di politiche conservatrici attuate in diversi stati sul piano legale, sociale e culturale, torna ad essere una questione cruciale. Ed è di questo che si parla nel saggio del 2018 curato da Caterina Botti e Ilaria Boiano, coevo del famoso congresso sulla famiglia tenutosi a Verona, esempio politico di quello che le destre oggi stanno portando avanti. Il volume, con il prezioso contributo di filosofe, avvocate, antropologhe, ricercatrici universitarie – che firmano gli “articoli” che compongono la pubblicazione – si propone come riflessione sulle esperienze maturate in Italia e in altri paesi nella cornice di un dibattito politico, giuridico e filosofico più articolato, che si interroga sui modi di rappresentare la questione dell’aborto, la soggettività e l’autodeterminazione femminile. Il volume si divide in due parti. Nella prima “L’aborto tra politica, diritto ed etica” si ripercorre il cammino dall’istanza di depenalizzazione dell’aborto, alla legge 194 (“compromesso tra autonomia della donna e controllo statale”), agli ostacoli nella sua applicazione (obiezione di coscienza), al rischio del ritorno all’aborto clandestino, all’attacco dei pro-life e alla discussione sullo statuto del feto/embrione. La seconda parte “Le pratiche politiche delle donne in tema di aborto, salute sessuale e riproduttiva” è dedicata invece al protagonismo politico femminista in Irlanda, Polonia, Spagna, Brasile, Argentina e Cile dove, attraverso forme di resistenza e sperimentazione inedite, le donne hanno posto un freno a riforme reazionarie e sono state aperte brecce nell’ordinamento per la regolamentazione dell’aborto.
Consigliato da Betta della Casa delle donne di Parma

GLI UOMINI MI SPIEGANO LE COSE

«Io credo che la nostra comprensione della misoginia e della violenza contro le donne migliorerebbe alquanto se considerassimo l’abuso di potere come un’unica realtà, invece di trattare la violenza domestica come cosa distinta dallo stupro, dall’omicidio, dalle molestie e dalle intimidazioni, sul web, a casa, sul luogo di lavoro e per strada: visto nel suo complesso, lo schema è chiaro».
Il libro è una raccolta di articoli scritti tra il 2008 e il 2014. Il filo conduttore è la sopraffazione maschile in ambito economico, politico, giuridico e sociale.
L’autrice analizza alcune notizie di cronaca dimostrando che gli atti di violenza non sono “casi straordinari” ma la punta dell’iceberg di un problema culturale, strutturale e sistemico.
Il termine mansplaining è nato dopo la pubblicazione di questo testo e indica l’atteggiamento paternalista, presuntuoso e saccente con cui si tende a invalidare l’esperienza e la professionalità delle donne.
Il costante invito al silenzio, citando Solnit, “Per noi è un addestramento all’insicurezza e all’autolimitazione, mentre gli uomini tengono in esercizio la propria immotivata tracotanza”. La svalutazione che sperimentiamo quotidianamente non è attribuibile a delle lacune personali ma il risultato di secolari discriminazioni di genere.
Il mansplaining si inserisce all’interno di un fenomeno complesso che riguarda il diritto di parlare, di essere ascoltate, di esistere e di vedersi riconosciute in possesso di verità.
La nostra credibilità, nella vita pubblica e privata, è profondamente compromessa, seppur questo e molti altri atteggiamenti prevaricatori siano socialmente accettati.
Il femminismo è il tentativo di decostruire una mentalità radicata nella maggior parte delle culture del mondo, nelle famiglie e nelle istituzioni.
Consigliato da Denise della Casa delle Donne di Parma

STAFFETTE IN BICICLETTA

E’ una canzone di Aprile, che con il gioco alla lista dei nomi, quasi a filastrocca, procedendo si fa epica.
Ha il profumo del 25 aprile, che è quello del bucato fresco e dei fiori. Il profumo di rinascita e di
nuova stagione.
E’ Libertà, che è aria in faccia, che non si può contenere, come quella che ci accarezza quando si va in
bicicletta.
L’elenco dei nomi fa scattare immagini di sorrisi e capelli scompigliati dal vento. E ricorda l’emozione
di certe immagini volanti di Miyazaki.
Quel fare guerra alla guerra, con azioni apparentemente semplici del quotidiano restituisce onore al vero
di una sminuita “storia minore” dimenticata dalle grandi narrazioni.
“Voi che di voi dite che, non ci sembra di aver fatto un granché” è la voce delle stesse protagoniste
sentita tante volte ad autosminuire le proprie azioni.
Di generazione in generazione, il pregiudizio dei ruoli. Anche questa, oltre che una canzone antifascista
è una canzone di Giustizia.
Per ascoltarla clicca qui https://www.youtube.com/watch?v=yXNw2sZofkI
Consigliato da Sara della Casa delle donne di Parma
BUON 25 APRILE A TUTTƎ

LA RESISTENZA DELLE DONNE

Negli anni ’70 del Novecento irrompe in Italia il femminismo e con lui un fiorire di studi di genere. Anche la storiografia ne è investita e così le studiose cominciano a rileggere criticamente anche il contributo delle donne alla Resistenza. In questo bel libro, Benedetta Tobagi ne ripercorre alcuni passaggi. E’ un testo corredato da magnifiche foto, alcune tenerissime, altre potenti, che illustrano tutte le tappe e i momenti salienti della scelta delle donne: il loro farsi staffette o partigiane attive (combattenti e non). “Non c’è un momento di scelta preciso. Difficilmente si davano situazioni nette, semplici, univoche”. “La Resistenza” dice Anna Bravo che è pioniera di questi studi ” è in molti aspetti un laboratorio di sentimenti e comportamenti contrastanti.”. Queste donne coraggiose hanno dovuto combattere ben più di una guerra: hanno dovuto vincere il pregiudizio dilagante, la sopraffazione, la cecità e l’arrendevolezza. Hanno dovuto scegliere e “uccidere l’angelo del focolare” (Virginia Wolf). Fra loro c’è spazio per il divertimento (vedi il capitolo sul carnevale), per l’amore, per la scoperta dei sensi e del sesso (sono giovani donne), per l’incanto, per le grandi speranze. Ci sono testimonianze e riflessioni profonde, ma anche l’amaro disincanto di quando, dopo la Liberazione, si rendono conto di quanto sarà difficile tornare alla vita di tutti i giorni. Sono le dolorosissime pagine dedicate alla ” tristezza della Liberazione”. Credo che dovremmo dire tutte un profondo grazie a Benedetta Tobagi per questo suo magnifico libro.

Consigliato da Lina della Casa delle donne di Parma

SOLO PER PASSIONE

È bello rivedere il volto di Letizia Battaglia all’inizio e alla fine della miniserie girata dal regista Andò in collaborazione con la stessa Letizia. La grande fotografa muore improvvisamente il 13 aprile del 2022 lasciandoci in eredità le tracce del periodo storico più efferato della nostra repubblica impresso sulle sue pellicole in bianco e nero che hanno fatto il giro del mondo: la vera e propria mattanza di Cosa Nostra nella Palermo negli anni ’70,’80 e ’90. Ma la miniserie racconta anche il percorso umano oltre che professionale di una donna che ha dovuto lottare per la sua libertà in un mondo maschilista, crescendo nella Palermo retrograda del dopoguerra e sposandosi a sedici anni per allontanarsi da una famiglia tradizionalista. Ma l’emancipazione sperata si arresta davanti ai suoi doveri di moglie e madre di tre figlie. Non riesce a continuare gli studi e rimane bloccata in una strada senza uscita con qualche deviazione verso una libertà sessuale che le costerà una denuncia per adulterio. Una mente illuminata ma ingabbiata nelle convenzioni sociali non può trovare pace. Dopo crisi di nervi, psicoanalisi e abbandono del tetto coniugale, Letizia cerca la sua indipendenza lavorando alla cronaca del quotidiano “L’ora” dove avverrà il suo primo incontro con la fotografia, la sua arma di lotta e di salvezza. E poi un periodo milanese col nuovo compagno Santi, il ritorno a Palermo e morti, solo morti da fotografare, da Boris Giuliano a Falcone, dall’omicidio di Pier Santi Mattarella all’arresto di Leoluca Bagarella. Dopo la strage di Capaci, Letizia, ormai stanca e disgustata, è quasi sul punto di distruggere tutte le sue foto. Il suo ultimo colpo giornalistico sarà il recupero nell’archivio di una vecchia foto che comprometterà Andreotti immortalato con il mafioso Ignazio Salvo. Da allora in poi fotograferà soprattutto bambine, alla continua ricerca della bimba curiosa e ribelle che lei era stata.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma

PALADINE

“Paladine” racconta la vita di otto importanti archeologhe e storiche dell’arte che in qualità di ricercatrici, collezioniste e museologhe, sono state determinanti nell’evoluzione del patrimonio artistico e culturale italiano.
Sebbene la produzione artistica italiana goda di fama mondiale, le professioniste che hanno contribuito alla sua tutela e valorizzazione non sono altrettanto conosciute.
Brillanti, anticonformiste ed emancipate hanno sostenuto il valore morale e politico dell’arte.
Alcune di loro, impegnate attivamente in politica, hanno sfidato il regime fascista, coordinando operazioni di trasporto di preziose opere durante il divieto di circolazione rischiando l’arresto e la vita stessa. Chi, invece, è stata incarcerata per aver aiutato a espatriare diverse famiglie ebree e perseguitati politici. Altre ancora sono arrivate a difendere le proprie scelte artistiche in Parlamento e in tribunale. C’è chi ha fondato una disciplina definita “didattica dei musei” al fine di rendere possibile a tutti l’accesso di questi ambienti, al tempo di esclusivo appannaggio dei ceti più colti e ricchi.
Le loro proposte si sono scontrate con un sistema di convenzioni antiquato e malgrado l’ostruzionismo iniziale, si sono rivelate innovative e tutt’oggi rappresentano fondamentali linee guida.
Il podcast ripercorre gli anni della guerra, il ripristino di quanto distrutto dal conflitto e il rilancio delle esposizioni museali.
“Che la storia dell’arte sia piena di figure femminili non è certamente una novità. C’è il vizio però, pessimo, di tendere a indicarle come la fonte dell’ispirazione artistica…. la fonte e l’ispirazione per chi, scusate? Eh già, noi le muse, loro i creatori. Ecco, io qui voglio invece raccontare un’altra storia, una storia di conquiste professionali, di coraggio, passione e tenacia in nome dell’arte, della sua scoperta, custodia e promozione. Otto ritratti di donne che hanno vissuto lottato per l’arte e la cultura” (Serena Dandini)
Consigliato da Denise della Casa delle donne di Parma

IL LAMENTO DEL TIGRI

“Nasciamo nel sangue, diventiamo donne nel sangue, partoriamo nel sangue. E altro sangue, adesso. Come se la terra dell’Iraq avesse ancora sete di morte, di sangue, di innocenza”.
Sulle rive del fiume Tigri, nel sud dell’Iraq, una ragazza si accorge di essere incinta. La più grave delle colpe: ha fatto l’amore prima del matrimonio con il suo fidanzato, morto subito dopo sotto le bombe. Adesso sa che deve morire. Lo vuole la famiglia, la tradizione e il dominio maschile. “L’onore è più importante della vita. Da noi, è meglio una ragazza morta che una ragazza madre”. L’attesa della morte è raccontata in prima persona dalla giovane “impura”, a cui fanno da coro le voci dei suoi familiari: la madre, la sorellina, il fratello più tollerante e quello che sarà il suo assassino. Ciascuno spiega le allucinanti motivazioni di questa esecuzione femminicida.
85 pagine intense pervase da un conflitto tra umanità e crudeltà verso una ragazzina che vuole continuare a vivere ma che non potrà farlo perché vittima di un regime secolare di sottomissione.
Il romanzo è scandito da brevi passi dell’epopea di Gilgamesh e dalla “voce” del Tigri, testimone dei drammi del paese.
Emilienne Malfatto (1989) è una scrittrice, giornalista e fotoreporter francese. “Il lamento del Tigri”, con cui ha vinto il Premio Goncourt, è il suo primo romanzo.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne

BENEDICI LA FIGLIA CRESCIUTA DA UNA VOCE NELLA TESTA

Che cosa ci rende umani? A quale luogo apparteniamo? Quali sofferenze passano dal corpo? A quale Dio possiamo rivolgerci? Queste sono le domande che si pone Warsan Shira nella raccolta di poesie ” Benedici la figlia cresciuta da una voce nella testa”.
Lei è una giovanissima poeta britannica di origine somala. E’ nata nel 1988 ed è diventata famosa perché alcune sue poesie sono state musicate dalla cantante Beyoncé. I suoi libri e le sue poesie hanno ricevuto prestigiosi riconoscimenti internazionali e sono diventati manifesti in difesa dei diritti dei migranti. Parla da migrante dei migranti ed esprime la volontà di dare voce a chi voce non ce l’ha. Parla di esseri umani in fuga, vittime di guerra e ingiustizie, di violenza e intolleranza, alla ricerca di una libertà negata, di una dignità strappata. Le sue poesie sono forti e affrontano temi come la nostalgia dei rifugiati, la violenza della guerra, le mutilazioni dei genitali femminili. Ci parla di cosa vuol dire abitare un corpo di donna, di disturbi dell’alimentazione, di ossessioni compulsive e tensioni irrisolte. La sua è una poesia rivelatrice ; “La mia bellezza qui non è bella. Il/ mio corpo brucia per la vergogna di non appartenere (…)/ Sono il peccato della memoria/ e l’assenza della memoria”. Vuole riscrivere le lacerazioni vecchie e attuali e far diventare la sua poesia fulcro di rinascita. Le sue sono poesie dolorosissime ma magicamente vive. Consigliamo a tutte di leggerle.
Consigliato da Lina della Casa delle donne di Parma